Non mi piacciono per niente i genitori troppo severi e ingiusti come Calvarese e Damato, odio veder picchiare i bambini, come per certi tifosi Viola meno fortunati e forti ai quali viene uccisa la passione ancora bambina. Ma quel pomeriggio, colpa forse di una di quelle mie giornatacce dovute all’esposizione prolungata della moviola di Fiorentina Inter, guardavo quella scena con un certo distacco. Disilluso. Un’anziana signora stava prendendo a scapaccioni un bambino che cercava di difendersi come poteva. Un po’ come facciamo noi quei lunedì dopo aver subito le angherie della classe arbitrale, rifacendocela poi con le persone che più ci stanno vicine. D’altra parte, proprio quel bambino aveva poco prima risposto male alla vecchietta, colpevole di averlo rimproverato perché giocando faceva un gran baccano. Del resto non ci si può lamentare per un fuorigioco evidente o per un rigore come quello su Cuadrado contro il Napoli. O meglio se lo fa Guarin non succede niente, se invece lo fa Aquilani viene espulso. Va bene, eravamo in un giardino pubblico e i bambini, si sa, quando giocano fanno un po’ di confusione, ma la signora stava esagerando e non si era limitata a fischiare un fallo di confusione, perché dopo averlo preso a pugni ripetutamente adesso aveva brandito il suo bastone da passeggio con il quale gli stava menando colpi terribili sulla schiena e sulle gambe. Mi viene in mente l’uscita di Agazzi su Gomez e l’intervento di Rinaudo su Pepito. Questo ci stanno facendo Braschi e Nicchi. Ci vogliono uccidere la passione. Il tifoso era gonfio di rabbia quella domenica mentre Il bambino era pieno di sangue, lo spettacolo stava diventando insopportabile anche per me, che pure mi ero fermato lo stomaco con un panino col lampredotto. Attesi un poco, sperando che il pestaggio finisse, poi dopo un quarto d’ora e la moviola di Longhi non mi trattenni più. “Signora, la faccia finita. La prego, si calmi.” le dissi con fare pacato cercando di ricondurla alla ragione. “Calmarmi?” disse sferrando al bambino, caduto a terra, un calcio nello stomaco “Ma lei ha sentito come mi ha risposto, ‘sto maleducato?”. Avevo sentito, certo, e comprendevo le sue ragioni come capisco quelle di Nicchi e di Braschi quando definiscono la classe arbitrale italiana come la migliore del mondo, quella cioè più capace di difendere gli interessi di chi ha i bacini d’utenza più grandi, però ugualmente volevo che si fermasse, anche se sapevo che era stato minacciato di presentare un dossier. “Sì, signora, ho sentito. Ma lei non può mica arrivare ad ucciderlo per questo”. “Ma chi vuole ucciderlo? Voglio solamente dargli una bella lezione e favorire il Napoli” replicò la vecchietta, tirandogli uno sputo, che colse il bambino in un occhio. Devo dire che mi sarebbe piaciuto tanto farlo anche a me ma nell’occhio di Montolivo. “Comunque, va bene; finiamola qui. Mi sento abbastanza soddisfatta.” E si allontanò tranquilla, come se niente fosse accaduto. Come se a noi ci avessero annullato il gol di Icardi dopo aver analizzato le immagini dell’instant replay a bordo campo. Così aiutai il bambino a rialzarsi e con il mio fazzoletto Viola gli ripulii alla meglio il viso pestato a sangue, poi, asciugandogli le lacrime, gli dissi accennando un sorriso “Ehi, giovanotto. Siamo conciati male, eh? Peggio ancora del ginocchio di Pepito. Ma almeno questo ti sarà servito a capire che con gli anziani bisogna essere più educati, vero?”. Che a vincere sono sempre le solite strisciate. Lui mi guardò strofinandosi un occhio tumefatto. Poi, tirando un po’ su col naso, mi disse con grande convinzione: “Sì, babbo”.