Se è vero che oggi un ala è diventata un giocatore di fascia, un contropiede una ripartenza, e il pallone in gioco risulta odiosamente essere come ancora vivo, è vero anche che la gente normale non è più la gente normale di 30 anni fa. Oggi l’autoscontri vero è sulle strade di tutti i giorni. Il libero è diventato un giornale, gli stadi si svuotano in favore dell’Ikea che così vende più divani alla faccia della Ferilli. La famiglia è allargata e il pandoro non è più solo quello di Verona, mentre le notti davanti al web si affollano. Insomma, per chi non se ne fosse accorto sono cambiate la velocità del gioco, ma anche costumi ed abitudini comunicative. Pino Daniele è morto nella notte tra domenica 4 gennaio e lunedì 5. In piena notte, tra le due e le tre. E mentre i Social ne parlavano, lo ricordavano e lo piangevano, la grande informazione italiana, semplicemente, dormiva. Come Gomez davanti alla porta. Mentre i giornali, ancor prima di aver raggiunto le edicole, erano già vecchi, Repubblica, Corriere ed Ansa, hanno bucato per circa tre ore e mezza quella che era la notizia del giorno. È stata per una volta la notte dei piccoli (Marin): dei blog e delle fanpages, dei siti locali napoletani. Mentre le corazzate, dormivano. È stata una piccola Caporetto dei big dell’online e delle agenzie, soprattutto. Ad iniziare dall’Ansa, che ha battuto la notizia dopo il suo stesso sito web. Ecco il senso di questa riflessione, l’informazione ha cambiato i propri ritmi. Sono ritmi ossessivi, folli, dalla cadenza pazzesca. Ma sono i ritmi dell’informazione ai tempi dei Social. Un flusso continuo. Inarrestabile. Fermarlo, non è pensabile, ci si può solo adeguare. Bisogna fare pressing alto sulla notizia. Twitter e i social hanno ucciso le agenzie. Non è morto solo Pino Daniele. Sarà per questo che la Fiorentina si è sentita di fare quel comunicato su Neto, prima di vederselo sbucare dagli spogliatoi direttamente con la maglia della Juve.