presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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martedì 4 dicembre 2012
Trottolino amoroso una sega
Fisicamente
è un uomo che tende a non essere invasivo, tutt’altro, gira spesso sul
suo fulcro per rimanere composto anche nei movimenti e così smuovere il
meno possibile l’aria, di lui non si può certo dire che è un pezzo
d’uomo, un marcantonio che occupa gli spazi con arroganza. Non è un’
atleta ruvido o irruento, macchinoso o lento, e per questo bisognoso di
arrancare in maniera scomposta, è più un finferlo in un bosco di
opulenti porcini con a capo l’arbitro, di solito il più porcino di
tutti. Il protagonista della nostra storia è un omino che somiglia molto
ad un mite ragioniere vicino alla pensione, trasgressivo al punto da
tirarsi su al massimo le maniche della maglia, non come Mutu o Lapo che
tirano su ben altro, mentre tutto intorno a lui c’è una fauna tatuata di
tamarri muscolosi dalle pettinature scolpite e poi impomatate con il
sangue dell’avversario, squadrate con il machete, che intimoriscono il
povero viandante tascabile in procinto di salire le scale per arrivare
al suo ufficetto tranquillo, lo incrociano, lo malmenano, lo alzano di
peso, usano il fisico come il martello e il campo di gioco come
l’incudine. Lui invece è un pulcino spaurito in mezzo a maniscalchi
messi a punto nei vari MilanLab, un trottolino amoroso che disegna finte
su finte, piroette con quelle gambette che ricordano più un puffo che
uno stantuffo mazzolatore. Sempre con il capello da chierichetto
tagliato di fresco il giorno prima della Prima Comunione, impeccabile
come quello di Ken, il fidanzato della Barbie, ma che non trae in
inganno però, troppo moderato e rileccato per essere vero, un giocatore
troppo composto per essere sinceramente corretto, è meglio la cresta di
Hamsik o l’upupa di El Shaarawy, lui invece cerca di passare
subdolamente inosservato con quel personalino da filippino, ma in realtà
ha un’anima scontrosa come quella di Glik, un killer che si mimetizza
in un medioman più basso della media, uno che quando esce dagli
spogliatoi sembra pronto per l’esame di terza media, invece in campo è
capace di scatenare la terza guerra mondiale. La Fiorentina lo aveva
scelto proprio per la sua fisicità insulsa, perché voleva un uomo capace
di entrare inosservato nelle maglie delle difese avversarie, un
kamikaze in grado delle peggiori stragi di falli, oggi quell’autobomba
preparata nei campi di addestramento talebani dove come istruttore ha
insegnato calcio e pugno anche Robocop Delio Rossi, ha perso la sua
copertura, si dice che a tradirlo sia stato un capello fuori posto,
fuori controllo, mosso dalla tramontana proveniente da Fiesole. In un
attimo la classe arbitrale ha visto in lui la cattiveria e l’irruenza
che un Boateng oppure un Pogba neanche si sognano, in realtà la cinquina
arbitrale è una task force sotto copertura sempre in missione per
inchiodare alle sue responsabilità il verme della serie A, il Matteo
Messina Denaro del centrocampo, feroce come “er canaro”, un giocatore
senza scrupoli se possibile ancora più dello stesso arbitro Valeri che
già di per se è considerato la feccia della sua categoria. Scoperto,
oggi Pizarro vive la sua cattiveria con più consapevolezza, senza
nasconderla dietro a un corpicino miniaturizzato, e per vivere il
cartellino giallo senza più vergogna, dopo che ai primi centomila
sventolati sotto il naso gli è stato consegnato il cartellino di
platino, ha scelto in accordo con lo sponsor tecnico le nuove scarpe
invernali che così faranno pure pandane, e allo stesso tempo gli
terranno il piedino sempre caldo e pronto per randellare pedate a destra
e a manca, senza dimenticare che lo slanciano anche un po’.