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martedì 25 dicembre 2012

Gnam gnam style

Anche il mio è un buon Natale in gnam gnam style, allineato così agli auguri ufficiali della società, con un disegno al posto del video, ma soprattutto in grado di trasformare il ritmo in ingredienti della memoria, per ricordare i sapori del duemiladodici che ci hanno portato fino quasi all’eccellenza. Il boccone amaro per una squadra squassata, sgassata di professionalità e senza più le interiora, senza cuore, palle e vergogna che servono per indossare la maglia Viola senza fare la fine delle cailles en sarcophage, era già finito nella spazzatura di una rivoluzione rosolata bene bene insieme alle pernici, spennelllate di tanti benserviti, là alle pendici di una discesa negli inferi della passione. E così sono cominciati ad arrivare i sapori veri che Macia e Pradé hanno tirato fuori dal talismano della felicità, in una cucina dove il genio è capace di risolvere una ricetta anche mettendo l’ingrediente di successo all’ultimo tuffo, come alla prima di campionato, o come lo zafferano della vittoria a Milano che ha colorato di giallo la scelta di Montolivo più di un libro di Faletti, di un’asticella o di quella riconoscenza alla quale il giocatore aveva messo dei bei paletti. Il passa parola si è dimostrato come sempre la miglior pubblicità, e insieme alla classifica oggi ci racconta che a Firenze si mangia bene, una grande cucina che mantiene intatti i sapori di casa e l’imbattibilità, dove gli avversari pagano spesso un conto salato, tante portate consecutive e gustose come le vittorie, solo tre serate storte, di quelle però che non sono proprio da buttare via, e poi la bellezza della mise en table con la cura della manovra dalla cucina al piatto, con un gioco sontuoso e mai piatto, mentre con la lentezza nel capire questa nuova dimensione, di più di qualcuno non capace a fare il tifo ma con un bel carapace, c’è venuto fuori un meraviglioso brodo di tartaruga, con qualche brodo invece che se ne è andato troppo in fretta per passare dalla bistecca alla cotoletta, non proprio un buongustaio se oggi i suoi sogni sono ancora rimasti Acerbi mentre i nostri volano alti come gli Aquilani. In questa verticale di emozioni, di varietà di sapori che vanno dalla onesta e schietta verità dei porri, alla ricercatezza di Pinchiorri, abbiamo chiuso l’anno con il dolce al cucchiaio di Jovetic, e il bello è che non siamo affatto satolli ma aspettiamo la Befana che ci porti via da questi atolli della memoria, belli si, ma comunque lontani dalla frenesia che si respira in cucina, per riportarci con le gambe sotto al tavolo della prossima partita. Intanto Babbo Natale ringrazia per avergli inviato letterine a reti unificate, e così con un solo centravanti riuscirà ad accontentare tutti, e può darsi che risparmiando sulle spese di spedizione alla fine riesca a portarci anche qualcun’altro. E’ tempo di auguri, di parenti, di brasati e di parenti brasati, un solo consiglio per il dolce che non dovrà essere un coniglio, oppure se lo è dovrà essere come quello tirato fuori dal cilindro di una campagna acquisti magica, sennò dovrà essere un dolce un po’ lontano dalla tradizione delle feste ma sempre presente nelle nostre teste, senza bisogno di alcuna lievitazione, canditi e uvetta, di glassa o strane rivisitazioni per conquistare la massa, nei secoli fedele come i carabinieri, non si taglia a fette ma si prende a morsi, non è un sedere, potrebbe anche essere poppa, ma perché sia ancora vento in poppa, per un Natale come si deve ci vuole il tipico cibo fiorentino. Perché per imbarcarsi sul sogno non basta prendere l’aeroplanino, per il terzo scudetto c’è bisogno dell’aeropanino con il lampredotto. E per alimentare il sogno e la tradizione non può certo volerci un panettone, in perfetto Firenze gnam gnam style come il masticare dei fumetti. E allora tanto, tanto lampredotto a tutti.