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mercoledì 19 dicembre 2012

A spasso nel tempio


I nuovi linguaggi arrivano sempre più veloci e se vuoi lottare davvero per la Champion bisogna che alzi il monte ingaggi, perché loro incalzano con il pressing alto e cancellano dal campo certi altri modi di dire, irreparabilmente, lasciandoli sul posto come colpiti da un infarto dialettico, da ripartenze fulminee, da folate che di fatto li rendono cardiopatetici, come un vero defibrillatore del tempo. Prendiamo un testo di un qualsiasi rapper italiano e confrontiamolo con uno degli Alunni del Sole, prendiamo una vecchia foto di quando eravamo noi gli alunni e guardiamo le foto dei nostri figli su un social network, oppure una telecronaca di Martellini che secondo il tempo della logica nel frattempo è diventata archeologica, che fa specie, imbalzamata che fa più che altro Specola, il cui taglio si staglia polveroso come la piramide di Cheope, lenta e miope, con inquadrature fisse come lo sguardo di un ciclope, come lessa davanti al ritmo imposto oggi da uomini come Caressa. Poi c’è chi di questo nuovo linguaggio se ne vergogna anche un po’ come Cassano che si mette la mano davanti alla bocca, chi non si vergogna più di niente come Montolivo e i suoi procuratori, e c’è invece chi addirittura ne soffre come certi portieri che provano disagio per l’incoerente traiettoria dei nuovi palloni, come i nuovi pallori di recidivi scandali di calciatori scommettitori, e c’è anche chi gode senza per questo che sia frode come gli attaccanti per la marcatura a zona, molto meglio della zona euro, che sostituisce una zona Cesarini naufragata ormai in certi recuperi così lunghi che ci vuole il disco orario, che perciò diventano una zona Cesaroni, diventata a sua volta una fiction di successo, recuperi che un tempo avrebbero esondato sul Novantesimo Minuto di Paolo Valenti. Panchine ergonomiche con gente sdraiata come in una Spa, e pacchine economiche che erano quelle che invece si davano quando uno su tagliava i capelli, mentre i giocatori sono avvolti da coperte e coperti da insulti al di là del vetro e del tempo, e i capelli sono avvolti da gel che ne modellano tagli che sono sculture astratte come quelle di Jo Pomodoro, quando un tempo di “pomodoro” c’era solo Banchelli e io mi ritrovo come un pomodoro pelato. Poi è arrivata la profanazione del tempio, un tempo inaccessibile come oggi un’intervista di Del Neri senza il linguaggio dei segni, con le telecamere che hanno fatto irruzione negli spogliatoi dei maschi, quando noi ci ingegnavamo come Clint Eastwood in “Fuga da Alcatraz” per scavare una prospettiva su quello delle femmine. Parole e pensieri che cambiano col  passare del tempo ma che sono legati sempre dalla stessa grande passione Viola, anche quando il domani diventa ieri. Anche quando cambiano i tessuti, gli sponsor e la velocità del gioco, quando un’altra partita di Coppa Italia ci farà stare incollati a quell’arnese sempre più piatto e la nuova emozione si chiamerà Udinese, anche se certi modi di dire certificheranno in maniera spietata la nostra carta d’identità, e magari non potremo più dare del topo di fogna a chi come Mauro cerca sempre rogna, perché più che offendere farebbe ridere, e fa ridere soprattutto certi topi se quella fogna è in zona Montalcino dove un ex dipendentente di un’azienda vinicola ci ha scaricato seicento ettolitri di Brunello.