I
nuovi linguaggi arrivano sempre più veloci e se vuoi lottare davvero
per la Champion bisogna che alzi il monte ingaggi, perché loro incalzano
con il pressing alto e cancellano dal campo certi altri modi di dire,
irreparabilmente, lasciandoli sul posto come colpiti da un infarto
dialettico, da ripartenze fulminee, da folate che di fatto li rendono
cardiopatetici, come un vero defibrillatore del tempo. Prendiamo un
testo di un qualsiasi rapper italiano e confrontiamolo con uno degli
Alunni del Sole, prendiamo una vecchia foto di quando eravamo noi gli
alunni e guardiamo le foto dei nostri figli su un social network, oppure
una telecronaca di Martellini che secondo il tempo della logica nel
frattempo è diventata archeologica, che fa specie, imbalzamata che fa
più che altro Specola, il cui taglio si staglia polveroso come la
piramide di Cheope, lenta e miope, con inquadrature fisse come lo
sguardo di un ciclope, come lessa davanti al ritmo imposto oggi da
uomini come Caressa. Poi c’è chi di questo nuovo linguaggio se ne
vergogna anche un po’ come Cassano che si mette la mano davanti alla
bocca, chi non si vergogna più di niente come Montolivo e i suoi
procuratori, e c’è invece chi addirittura ne soffre come certi portieri
che provano disagio per l’incoerente traiettoria dei nuovi palloni, come
i nuovi pallori di recidivi scandali di calciatori scommettitori, e c’è
anche chi gode senza per questo che sia frode come gli attaccanti per
la marcatura a zona, molto meglio della zona euro, che sostituisce una
zona Cesarini naufragata ormai in certi recuperi così lunghi che ci
vuole il disco orario, che perciò diventano una zona Cesaroni, diventata
a sua volta una fiction di successo, recuperi che un tempo avrebbero
esondato sul Novantesimo Minuto di Paolo Valenti. Panchine ergonomiche
con gente sdraiata come in una Spa, e pacchine economiche che erano
quelle che invece si davano quando uno su tagliava i capelli, mentre i
giocatori sono avvolti da coperte e coperti da insulti al di là del
vetro e del tempo, e i capelli sono avvolti da gel che ne modellano
tagli che sono sculture astratte come quelle di Jo Pomodoro, quando un
tempo di “pomodoro” c’era solo Banchelli e io mi ritrovo come un
pomodoro pelato. Poi è arrivata la profanazione del tempio, un tempo
inaccessibile come oggi un’intervista di Del Neri senza il linguaggio
dei segni, con le telecamere che hanno fatto irruzione negli spogliatoi
dei maschi, quando noi ci ingegnavamo come Clint Eastwood in “Fuga da
Alcatraz” per scavare una prospettiva su quello delle femmine. Parole e
pensieri che cambiano col passare del tempo ma che sono legati sempre
dalla stessa grande passione Viola, anche quando il domani diventa ieri.
Anche quando cambiano i tessuti, gli sponsor e la velocità del gioco,
quando un’altra partita di Coppa Italia ci farà stare incollati a
quell’arnese sempre più piatto e la nuova emozione si chiamerà Udinese,
anche se certi modi di dire certificheranno in maniera spietata la
nostra carta d’identità, e magari non potremo più dare del topo di fogna
a chi come Mauro cerca sempre rogna, perché più che offendere farebbe
ridere, e fa ridere soprattutto certi topi se quella fogna è in zona
Montalcino dove un ex dipendentente di un’azienda vinicola ci ha scaricato seicento ettolitri di Brunello.
