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domenica 30 dicembre 2012

Morte di un commosso randellatore

Un intreccio di emozioni, si, si può definire anche così. Per una volta almeno, diciamo pure l’ultima, diamo a quel groviglio di sensazioni dal polpaccio muscoloso le luci della ribalta. Se c’è spazio in una canzone di successo per ricordare le fatiche di una vita da mediano, è giusto anche mettere in risalto certe ruvide mischie dove ci sono santi che ci mettono persino gli stinchi. Una fase una volta indispensabile, dove si affondava la determinazione, dove il carattere trovava pane per i suoi denti, dove anche il rimpallo diventava protagonista, e perché no a volte anche determinante. Il calcio moderno ha contribuito a svilupparne nuove forme, sempre più furibonde, sempre più esasperate, perché in quella lotta sempre più fisica oltre agli eccessi della velocità si è aggiunto anche quello del doping. Non c’è più solo il semplice raddoppio è arrivato come un treno l’utilizzo dell’intervento da dietro o a piedi uniti, spesso è vero anche sanzionati con il cartellino rosso per arginarne la foga gladiatoria. Ma a quei rigurgiti del tackle sempre presenti bene o male nel calcio, oggi si sono aggiunti anche degli aspetti psicologici, difficili da monitorare e sempre più importanti da contenere per non rimanere in dieci, tanto che per un allenatore è diventato indispensabile possedere nel suo portabagagli anche capacità da psicologo, per riuscire a gestire un gruppo pieno di personalità forti come l’aceto e diverse come l’aceto balsamico, per cercare quindi di arginarne tutti gli eccessi, anche quello cosiddetto di frustrazione o di reazione. Poi come sempre c’è chi scende da un altro pianeta e innova, chi arriva per primo e in qualche modo coglie impreparata la classe arbitrale che deve imparare a tradurre, a interpretare un nuovo tipo di fallo fino a quel momento sconosciuto, come quello di Pizarro che non è altro che un apostrofo giallo tra le parole t’ammonisco. Insomma, in questo calcio sempre più fisico, dove la mischia, il contrasto, il takle, lo scontro duro indirizzato a scardinare palloni all’avversario, è diventato caratteristica addirittura saliente di una squadra, la Fiorentina erige proprio a centrocampo il suo monumento ai caduti, e lo fa non ha caso con il suo uomo simbolo, con quel Borja Valero che in quanto pelato,  adattissimo ad ergersi proprio a monumento ai caduti, in un centrocampo dove però sono cadute anche le ultime resistenze di certi partigiani del ruolo. Il centrocampo Viola si presenta oggi perfettamente sbarbato, privo di ruvidi interpreti, proprio di quelle figure che abbiamo voluto ricordare prima di abbandonarle definitivamente poggiando una coppia di parastinchi sopra la bara tattica disegnata da Montella. Qualcuno pensava non fosse possibile accantonare una simile figura ritenendo la squadra fragile e soggetta a subire la forza d’urto avversaria, il girone di andata ha raccontato cose diverse dando ragione a Montella, e oggi regna solo il bello nel cuore del nostro gioco, sembrano lontanissime anche certe recenti esaltazioni per il ruvido Behrami. Siamo tornati ad esaltarci per il bello, insomma, per altri tipi di intrecci di gambe.