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venerdì 19 ottobre 2012

"Senza" è un sottoprodotto della domenica, come la sansa

Come si esprime la mancanza, quel disagio del senza, dove la carenza toglie il cielo dalla tua stanza, alla faccia di Gino Paoli, intanto prendendo atto che senza il Viola è una domenica che sa di mattanza, ti alzi, esci dalla camera da letto ed entri direttamente nella camera della morte, senza passare dal bagno che è sempre occupato. E mentre rimpiangi i tornelli che ti filtrano un po’ l’adrenalina, ma che comunque poi ti spalancano le porte della passione, nuoti svuotato in mezzo ai tonni, e se c’era Corvino anche senza Patronni, così dopo la messa già t’inscatolano in un pomeriggio sottolio che è peggio della messa in piega di donne alla riscossa, forti del fatto che senza il pallone sei uomo dentro a una fossa, insomma, arpie che fanno prendere alla tua domenica una brutta piega. Confessati! Ordine categorico di chi ha sfruttato il golpe della Nazionale sulle nostre vite per salire al potere, e la messa in piega da sola è il monumento della devastazione, così laccata, spiega in maniera cruda quanto Prandelli ci abbia rovinato il fine settimana. Mi inginocchio e intravedo Dom Bairo, che quando non mi sente chiamo l’uvamaro perché somiglia al fraticello della pubblicità, lo intravedo dalla grata mentre scarta un Kinder Pinguì e mi dice “dimmi  figliolo”, “ ho mandato affanculo Montolivo”, mi guarda, da un morso alla merendina e mi risponde “anch’io”. Apre la tendina, mi passa le fette al latte necessarie, e mi dice “stavo giustappunto facendo la penitenza”, e mentre mangio le mie tre Ave Maria mi mostra la sciarpa del Gruppo Chiava appesa dentro al confessionale anticipandomi che all’omelia della domenica prima del Chievo, sotto la tunica indosserà la maglia di Viviano, perché porta bene e perché fa rima con Vaticano. Si guarda intorno abbassa la voce e aggiunge che la domenica ancora dopo quando arriverà la Lazio ha invitato Suor Paola e si deve ricordare di andare a comprare il Guttalax. “Menomale si rigioca”, Padre, gli ho detto con voce sommessa proprio perché ero a messa e per non farmi sentire dalla Rita, quando non c’è la Fiorentina anche sul blog si scatena l’inferno e i fedeli mi abbandonano, “a chi lo dici”, mi risponde stizzito, “ quando non gioca l’amata i fedeli sono talmente depressi che tendono a non scambiarsi neanche il segno della pace e mi avanzano tutte le ostie”. “Vai all’Ikea?” mi chiede mentre si soffia il naso con un fazzoletto della Juve, “no Padre oggi vado nel Mugello, tocca all’Outlet Village a Barberino”. Ma per spiegare ancora meglio lo smarrimento di queste settimane di olio di fegato di merluzzo tirato sul col secchio dal pozzo di Coverciano, giorni tra il mi manchi e chi mi manda affanculo, giorni molto diversi da quando invece la domenica si tromba, utilizzo la mia omelia per proporvi un teorema internettiano.
“Tra il vaffanculo e il mi manchi devi lasciar passare un tempo strategico. Se il mi manchi segue a ruota il vaffanculo, ne vanifica irrimediabilmente l’effetto; se lo segue di troppo, non riesce a cancellarne l’impatto devastante.
Il mi manchi va collocato in quella terra di mezzo che è la percezione dell’assenza, la nostalgia: abbastanza lontano da permettere al vaffanculo di produrre i suoi effetti educativi, ma mai troppo, in modo da non perdere il suo potenziale riparatore.
Se al mi manchi, invece, sostituisci il te la do senza discutere, puoi ignorare serenamente ogni variabile e limite spazio-tamporale”.
E la Fiorentina ce la darà la vittoria.