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venerdì 12 ottobre 2012

La Duna dietro Detroit

Avete voglia a incazzarvi se uno dice che Firenze è una “piccola, povera città”, perché è vero, e poi perché non vedo dove è il problema, a meno che qualcuno non abbia fatto montare dei grandangoli al posto delle lenti sui propri occhiali per vedere il mondo come lo vedeva Cecchi Gori dalla balaustra, oppure per consolarsi dalla triste realtà di non trovarsi mai l’uccello quando serve, perché Firenze non è Lecce ma neanche Detroit, perché Firenze non è grossa però ingrassa gli occhi e allo stesso tempo anche Vargas e Frey, e poi che sia una città povera è certificato proprio dalla stampa e dai tifosi Viola che avrebbero dato via il culo a Tutunci eleggendolo a pietra miliare dell’eccellenza imprenditoriale fiorentina pur di mandare via quei gran pidocchi dei marchigiani, una città dove è da tempo in atto la più grande pontellizzazione della sua storia. Ci s’ha l’Arno, noi, o pensavate che quello che scorre sotto il Ponte alla Carraia fosse invece il Mississippi, oppure se ostentate con sicurezza tutta questa grandeur non certo francese ma al massimo francesina di lesso rifatto con cipolle, quale migliore risposta se non far passare una Limousine da via dell’Ardiglione, vediamo se è vero che siete di così larghe vedute, di così ampi orizzonti, di spazi sconfinati e non di cantucci bui dove andare a pisciare, di hot dog e non di cantucci da inzuppare nel vinsanto, e non dentro a San Diego che è in California ma non così abbastanza per non esserlo anche nella provincia di Livorno, noi abbiamo la casa del prosciutto e non certo la Casa Bianca, siamo eccome provinciali se si pensa anche solo ai grandi miti americani tipo il penitenziario di Alcatraz, e pensate a quanto Alcaselzer ci vorrebbe per digerire invece un film tipo “Fuga da Sollicciano”, il Ceccherini al posto di Clint Eastwood, oppure a un film che ha fatto storia come “Un uomo da marciapiede” possiamo rispondere solo con il Chiarificatore al posto di Dustin Hoffman, un povero ligure che si vende per una Muratti, le Murate dovrebbero riaprire per lui altro che Alcatraz. Ma Firenze è generosa e in grado di capire le difficoltà dell’uomo Fiat, fondamentalmente schiacciato in una grande contraddizione esistenziale, altro che schiacciata con l’uva, un po’ come vivere in Santo Spirito senza avere lo spirito giusto o a Marignolle senza i benefici dello iodio, e lui vive quella che è una frustrazione trasversale, un conflitto interiore nato da una parte per la consapevolezza di lavorare in un’azienda che fa un certo tipo di macchine, e dall’altra per il modo di esprimere la propria personalità attraverso il vestire. E l’amore per quel “golfino” è anche il suo testamento professionale, che lo scuote fino a fargli rilasciare dichiarazioni infeltrite, perché è come se uno della Volkswagen facesse comunicati su Berlino definendola una città alla berlina, e lo facesse immerso in una “Duna” di merda, oppure in mezzo a una “Marea” di stronzate, perché alla fine il “Punto” è un tremendo scherzo del destino, essere cioè riconosciuto per quel golf mentre macchine di successo come la Golf non gli riesce farle, e se lui può fare solo il solone per il successo della Cinquecento, noi gli rispondiamo con il Salone dei Cinquecento, sì, è vero siamo un po’ poveri, lui ha il marchio Chrysler e noi siamo dei poveri chrysler, però le due foto di oggi dimostrano quanto una città così piccola e povera, sia però anche capace di ospitare in una sola pozza o in uno specchio capolavori immensi riconosciuti in tutto il mondo, Sergione nostro, invece, in uno specchio riflette bene la sua capacità, questa si grande e ricca, di variare la sua parola adattandola agli eventi, e non è proprio un complimento, perché intendo, la sua, una personalità multipla brutta proprio come una “Multipla” a metano. Oh Marchionne, venvia, oh compratela una giacchetta!