Dovremo
essere più cinici, per non dire cinofili. Perché per battere la Lazio
non basterà essere solo belli da concorso, bisognerà essere soprattutto
figli di un cane, e Montella con Ljajic sembra proprio aver scelto
questa strada, quella della manovra, dello scambio veloce, un percorso a
ritroso sui propri passi con il ritorno alla palla a terra, al
giropalla rapido, sciolto, spigliato, disinvolto. Si insomma, un
classico percorso di agility dog, per una partita che richiede una
buona armonia tra il Mister che conduce e la squadra che deve
assecondare gli schemi, quella che si definisce un’ intesa perfetta. Per
non incorrere negli incidenti di percorso come quelli che si è trovato
ad affrontare il Milan con Montolivo, una razza la sua che è un incrocio
tra un campione e il sapore tutto campano di un uomo mozzarella, che ha
dato vita a un cane da ferma, che non è ne un mastino e ne tantomeno un
campione, piuttosto un lampione napoletano, una sorta di palo fioco che
illumina il gioco fino a un metro di distanza, che tende a schiantarsi
sull’asticelle, e che dopo Firenze sta contribuendo a svuotare anche il
Meazza. Attenzione però al pastore tedesco Klose che spesso ci ha
azzannati e che poteva trovare difficoltà contro il dogo argentino
Roncaglia se non ci fosse stato Guida, un cane che nasce come guida per
ciechi ma che alla fine è risultato il più cieco di tutti. E per
superare gli ostacoli di una partita tosta, difficile, punterei sulla
razza più geometrica che abbiamo, la più capace nello slalom, quel
Cuadrado che può creare la superiorità numerica, scambiare con i segugi
serbi e montenegrini, oppure dare lui stesso finalmente una zampata
vincente. Lieviterà il gioco a terra senza il levriero là davanti,
permettendo così a Pasqual di non sbagliare più tutti quei cross,
semplicemente perché non serviranno. Nessuno si dovrà rifiutare e
fermarsi davanti all’ostacolo Lazio, mai mollare l’osso, mordere le
caviglie di Hernanes e sfiancarli a rincorrere come cani da slitta, e
vincere potrà dipendere molto dalla capacità di Adem di essere
fiinalmente cattivo sotto porta come un Doberman, e da Jovetic di non
mangiarsi un altro rigore concesso dalla mano di uno sconosciuto, e poi
capace di dividere la pappa anche con gli altri senza necessariamente
provare a sbranare il pallone da tutte le posizioni. Sarà anche una
grande occasione per Mati per dimostrare di avere quel fiuto del gol
prezioso come un tartufo, perché per vincerla alla fine qualcuno dovrà pure buttarla dentro, si è fatto un gran parlare delle doti degli
uomini di Montella, delle loro qualità tecniche, delle proprietà
associate ai fondamentali di assoluto livello, tutti indizi che non
dovrebbero escludere la capacità di nascondere il pallone agli avversari
e quindi di sotterrarlo anche al di là della linea di porta. Ma a
prescindere dalle condivisibili intenzioni di Montella di tornare alla
Fiorentina spagnoleggiante delle prime giornate, quando Toni era ancora
alla ricerca di una toilettatura decente, e quando il gioco non era
quello elementare di lanciare i palloni per aria in modo da essere
riportati ai piedi del padrone per poi rilanciarli di nuovo, e da lì non
si usciva mai, perché la partita di oggi va vinta anche giocando male,
oggi va bene anche un gol randagio, anche brutto e mi viene in mente
Conte che è un cane da riporto, cioè brutto con il riporto ma capace di
riportare a casa anche il risultato però, perché vincere anche rubando
servirebbe alla classifica e anche a cancellare quell’alone di squadra
che si guarda troppo allo specchio e poi rimane in mutande, proprio come
con un bel paio di boxer. Bisogna vincere e basta, e se per farlo
occorrerà una rapina, sarà una decisione illuminata come il film di
Lumet, “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, appunto.