In
anticipo sui fatti mi gioco subito un bel Ponte alle Grazie di cuore
per quello che sarà il Ponte alla Vittoria là a Verona in un pomeriggio
tinto di Viola, ci credo, e poi il mio povero cuore Ponte Vecchio ne ha
tanto bisogno. E’ arrivata l’ora del salto di qualità da un ponte
all’altro, è tempo di remare verso la consacrazione, di pescare dalla
Pescaia di Santa Rosa la maglia rosa di chi comanda il giropalla e
sprinta un’idea di squadra che fila via che è una bellezza, che sale in
classifica, che salta anche sopra l’asticella di quel Montolivo che
Corvino ha lasciato in via Turati come fosse un pacco bomba, e che per
questo oggi è indagato come anarco insurrezionalista, mentre i tifosi
rossoneri imbufaliti stanno cercando con i forconi quel “Re Mida” di un
Gat che lo spaccia per oro dimostrandosi invece un monarco
insurrezionalista. Intanto Montella magnifico canottiere, mette la prua
diritta verso il sogno del terzo scudetto, e con il timoniere Roncaglia
passa sotto il Ponte Santa Trinita, da dove si è suicidato l’uomo della
gomma del ponte, un allenatore che ha usato gli sganassoni invece del
gioco per lasciare l’accento su un’esperienza allucinante e sulla A,
come una lapide sulla carriera e sul quel ponte da dove si è gettato,
tanto che continuavano a chiamarlo Ponte Santa Trinità. Abbiamo voglia
di tuffare il cuore in questa squadra e poi farci interrogare in
geometria, parlare di manovra palla a terra, di disegni cachemire,
possesso palla e trame di gioco che finiscono col gonfiare la rete.
Vincere per dare uno scossone a chi ancora tituba, a chi si perplime
sotto il Ponte di Varlungo, uomini che lo sguardo lungo l’hanno avuto su
pontellizzazioni però ancora troppo premature, mentre sotto il Ponte di
Baracca c’è un omin che fa la cacca, che per colpa di smobilitazioni
fantasma non la fa dura dura dura e il dottore non la misura, perché nel
frattempo gli si è sciolto il corpo. El Ham facci godere, e dopo la
fine del Ramadan rompi anche il digiuno del gol, regalaci un pomeriggio
di gioia e nuove consapevolezze, così posso andare finalmente a spostare
quel tronco di traverso che blocca il sogno e non lo fa passare dal
Ponte alla Carraia, per farlo diventare finalmente carrabile. Togliamo
la polvere, apriamo il bandone e usciamo dal garage dei sogni
accatastati, dimenticati, e andiamo incontro a quello nuovo che ritorna
da Verona, un sogno pandoro che luccica e lievita sulla pietra serena
Diladdarno, dove si distinguono i passi da gigante, da ieri quando non c’era futuro, ma solo Vuturo a vomitare mediocrità. In questo giro della
città tra ponti, e chi per salire sul carro del sogno ha bisogno di un
carroponte perché ha il cuore pesante, un sogno che vogliamo portare in
giro fino al piazzale, e allora per farci entrare tutti, dal garage
tiriamo fuori un vecchio autobus a due piani. Oggi la squadra deve dare
una risposta prima di tutto a se stessa, per gonfiarsi il petto di
orgoglio e autostima, per far lievitare la classifica e impreziosire il
suo presente da portare in dote al campionato, per dare un senso alle
tante parole e per dimostrare che quei complimenti erano meritati, per
presentarsi al sogno dalla porta principale, e mettere sul panno verde
le fiches necessarie a sbancare, per fare un ulteriore passo verso il
calcio dei grandi, ma soprattutto per dimostraci che non sarà stata
illusione, insomma, che il sogno non faccia il Ponte all’Indiano.
