presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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martedì 9 ottobre 2012
La panchina di lusso porta il lesso
Nello
sfogliare la vittoria contro Bologna terra di magnifiche sfogline, una
vittoria ancora fresca come la pasta fresca, ripiena di tre punti e non
solo, una di quelle vittorie fatte in casa al Franchi e riempita con il
maiale rigorosamente arbitro del sapore, e in questo tirare la vittoria a
mano come la sfoglia, ma senza subire però il solito rigore dal maiale,
è saltato all’occhio riempiendolo anche parecchio e sempre con lo
stesso ripieno di maiale, la qualità della panchina nella quale si è
risentito il solo El Ham per la presenza ingombrante di così tanto
maiale che un po’ l’ha innervosito. E se la prova dell’arbitro è stata
giudicata non proprio da buttare, noi a proposito di maiale non solo
siamo d’accordo su questo giudizio, ma vogliamo aggiungere che
dell’Orsato non si butta via niente. E allora parliamone di questa
panchina, un esercizio che ci serve a evidenziare i grandi meriti di
Pradè e Macia capaci di portare a termine una campagna acquisti di
valore, perché non solo in grado di individuare i giocatori più adatti
all’idea di calcio del tecnico, ma anche preziosa perché allarga a
diciassette il numero dei titolari. E tutto questo mentre i muggenti con
nasi e parrucche da pagliaccio prendevano possesso degli alpeggi per
brucare l’erba profumata dallo sterco. Una qualità quindi spalmata in
maniera omogenea non più solo sulla squadra che scende in campo, un
regalino niente male per Montella, che gli consente di avere alternative
di pari livello per cauterizzare infortuni e squalifiche, e di
apportare modifiche in corsa di fronte a situazioni tattiche non
previste o a rendimenti sottotono. Ieri la panchina era composta da
Pizzarro, un autentico gestore del traffico telefonico di centrocampo,
un uomo che fa roaming facendo pagare tariffe di possesso palla
salatissime all’avversario, e che a noi dei bassifondi piace proprio
perché basso, e in campo Oliveira l’ha sostituito sorprendendoci per la
determinazione, qualità e precisione delle giocate che hanno permesso al
cileno di mettere a dimora il proprio empasse. Cassani ha fatto tirare
il fiato a Cuadrado, Toni ha depistato gli avversari mentre Jovetic
poteva festeggiare in pace il compleanno della sorella, e Savic
s’inseriva naturalmente in una difesa sempre perfetta come un Vacheron
Costantin. El Ham chiamato a doppiare il remake del film di Toni diretto
da Prandelli ha sostituito il depistatore sgangherato mostrando un
assaggio delle sue qualità, solo un assaggio perché vista la sagoma
appesantita il resto sembra esserselo mangiato tutto. Intanto Mati
Fernandez lancia la sua candidatura, e come Renzi cercherà di rottamare
qualcun’altro da far sedere sulla magnifica panchina, un giocatore che
parte in dribbling come se fosse impossessato dal demone di Massimo
Orlando, e poi Aquilani che dall’infermeria dovrebbe planare
direttamente in campo saltando a piè pari la panchina per atterrare
morbido in modo da non rifarsi subito male, e sciogliere così tutti i
dubbi su quale sia il miglior centrocampo del reame, sciogliere come il
sangue di San Gennaro per il miracolo di rivederlo nuovamente in campo. E
se dovessimo festeggiare per il grande lavoro di Prade e Macia lo
faremmo sicuramente con il Pampero che è il rum più bevuto nei peggiori
bar di Caracas, insomma siamo contenti di come il gruppo appaia unito,
di come chi subentra lo faccia con le motivazioni giuste di chi vuole
convincere l’allenatore, di come non sembrano esserci gelosie, di come
si ragioni da squadra e non da singolo, di come si voglia onorare la
maglia rispettandola con l’impegno. Di come anche la società visto
questa comunione d’intenti, dopo aver visto la foto di copertina, abbia
dato mandato al consulente di Anversa della seconda foto, per trattare
un nuovo tipo di panchina più adatto a toccare con mano il gran talento
che ci si dovrà sedere.