.

.

martedì 29 ottobre 2013

La Gina

La prima vera donna emancipata di San Frediano che ho conosciuto è stata la Gina, che già a metà anni settanta usava un tipo di spirale che non era quella di violenza che oggi purtroppo è tristemente alla ribalta delle cronache. Viveva da sola in via del Campuccio non rischiando mai il femminicidio, mentre la sua spirale come vedremo più avanti era una versione ancora da mettere a punto. La prima volta che mi fece salire per invitarmi a pranzo ero teso come una corda del violino di Gilardino, impacciato come De Silvestri con il pallone tra i piedi, mentre lei generava saudade come ai brasiliani che giocavano nella “Fiorengina”, la lontananza da casa. Era più disinvolta di me, un po’ come De Silvestri più a suo agio con il pentathlon, il buon odorino che proveniva dalla cucina mi aiutò ad uscire da un impaccio precipitato invece nella spirale della paralisi, gli aromi di quei suoi manicaretti erano migliori di quelli che uscivano dalle sue maniche, di buona mascella ma di pessima ascella. Mi tranquillizzai e abbozzai finalmente un accenno di dialogo dopo essermi seduto su uno sgabello scomodissimo facendo finta di essere a mio agio. Nascosi le smorfie di dolore di un crampo al polpaccio dietro a un sorriso stizzoso: "Scommetto che sei una buona cuoca", dissi in tono ammirativo e poco credibile. "No, non lo sono affatto, non so fare nessun piatto in particolare", mi disse versando i maccheroni nella teiera. Questo per dire che non è facile avere a che fare con i precursori come del resto lo è anche Montella, capirlo subito vorrebbe dire essere tutti dei precursori, così come Lud che vede quello che noi non vediamo, così come la Gina che lanciò il maccherone delle cinque invece dei soliti biscottini da inzuppare. San Frediano non è stata e non sarà mai Londra. Prendiamo Cassano, un’altro di questi geniacci che ci appare per quello che non è, sembra grasso ma invece è soltanto pieno di se proprio come Lud che probabilmente a Massaciuccoli appare come un precursore grasso. Balotelli è forse l'unica testa di cazzo che è invece come appare. La Gina che conosceva benissimo gli uomini me lo disse subito che abbiamo solo due sentimenti: arrapato e affamato, e quando constatò, rammaricandosene, che non avevo nessuna erezione mi fece un toast. Anche Lud sembra avere una bella faccia toast. Poi scoprii quasi subito che quello della Gina non era affatto un invito disinteressato ma un agguato in piena regola, una finta ubriacante come quelle di Cuadrado ma alla quale non abboccai, voleva farmi trombare per un motivo preciso, e così cominciammo a litigare come Mazzarri con Varriale, e mentre litigavamo mi chiedevo il perché stavamo lì nella stessa stanza a discutere, e la risposta era nella solita legge degli opposti. Lei era incinta e io no. Cercava qualcuno che si accollasse quella paternità a mia insaputa, aveva lo stesso problema di Deyna con i gol quando c’è una deviazione, se sono argentini nessun problema di assegnazione altrimenti son cazzi e diventano tutte autoreti. Ma io ho imparato troppe cose dalla strada per farmi fregare così, soprattutto ad essere più sfacciato come Matos quando subentra, lui guarda Pepito e impara, io invece ho imparato tanto studiando i semafori, prima ero timido poi ho capito che quando uno di loro diventa rosso non lo fa per timidezza, e allora ho cominciato a bere per far credere che fosse quella la causa del mio rossore. Ricordo le parole di mia madre che mi disse sicuramente qualcosa prima che uscissi per andare dalla Gina, forse capì dove andavo perché mi ero improfumato tutto con l’Acqua Velva del babbo, e qualche rammarico ce l’ho per non averla mai ascoltata, sicuramente mi avrà messo in guardia da quella troia, ma non sono nemmeno poi così sicuro che fossero consigli utili proprio perché non l’ascoltavo mai. La Gina era belloccia ma un po’ trascurata come certe marcature in area di rigore della Fiorentina specie sulle palle alte, come Lud del resto trascura con nonchalance un certa colorita attenzione del Colonnello nei suoi confronti, la Gina si lavava poco questo è il punto, era come se fosse appena scesa dal furgoncino della Volkswagen dopo un viaggio di una settimana a Capo Nord tra i figli dei fiori e senza il sapone di Marsiglia, in San Frediano si malignava su questo suo aspetto sostenendo che il Teatro di Cestello gli avesse proposto di reinterpretare da sola la versione teatrale di “Quella sporca dozzina”. Chiudo dando i numeri anche se il modulo che usavamo noi in piazza del Carmine era l’ormai sorpassato “ A chi buca entra”, e sperando che Lud possa apprezzare anche se non è nemmeno il 433 a lui tanto caro, ma quelli della Ferrari 355 del Marchese Torrigiani che amichevomente chiamava “Cinque minuti alle quattro”. Come si vede Lud è sempre avanti.