A questo punto non so se è più pericoloso guardare una partita della Nazionale o fare il bagno prima che siano trascorse le canoniche tre ore dall’aver mangiato funghi velenosi. Diciamo una Nazionale indigesta. Soprattutto se ingerita nella settimana che ci porta dritti dritti in bocca alla Partita. Per fortuna è passata, un po’ come un’ondata di piena senza fare troppi danni, senza infortuni insomma, speriamo, e c’è da dire grazie a Prandelli per averci riconsegnato sana e salva la settimana più tipica di avvicinamento a un match così sentito. Un grazie come quello di una donna annoiata che te lo dice perché sei venuto, dopo un paio d’ore. Proprio come dopo un paio di partite noiose. Di 2 a 2. Ora sale l’adrenalina, è sempre molto emozionante avvicinarsi alla partita con la Juve, specie oggi che c’è una squadra che vuole diventare grande. Sale la tensione. Mi ricordo i tempi dello stadio, ma anche quelli di quando non era proprio possibile andarci sempre, quando le trasferte erano più complicate o semplicemente non c’erano i soldi, allora la radio, oppure andavamo a vedere le prime partite carbonare, quelle in bassa frequenza della Rai intercettate dallo spippolatore di turno, c’erano i bar dall’anima meno nobile che trasmettevano queste partite da vivere clandestinità, tanto per aumentarne ancora il pathos, mi ricordo che nel buio della sala del bar Fortune di Ponte a Elsa durante una partita della Fiorentina a Torino, ancora non esisteva lo schermo gigante ma tre televisori affiancati, dissi alla Cristina “Amore senti come sono teso”. Mi diede di porco togliendo subito la mano. No, non è una partita come tutte le altre anche se non è più la partita che vale una stagione, anche perché a Firenze sono 15 anni che ormai non vinciamo più, è l’ora di riappropriarci di quella vittoria. Ci sono stati decenni nei quali abbiamo vinto fino a 6 volte pur essendo meno ambiziosi. In curva invece succedeva che ti facevi le canne anche non volendo, perché quelli che tutti ricordano con un po’ di rimpianto scenografico non erano fumogeni ma bracieri di marijuana, il Pompa in realtà era Peter Tosh, e così la gente vedeva di tutto, anche che Alessio Tendi era un semplice marcatore, così come gli Apostoli quando videro Gesù camminare sulle acque dissero “Però, bono ‘sto fumo”. La vittoria sulla Juve aveva una tripla valenza, quella di Davide contro Golia, quella del calcio proletario contro i potentati del calcio, e poi la festa nella festa, ovvero la grande fede Viola della Cristina che dopo una vittoria sulla Juve veniva consacrata facendo del sesso, si, finalmente si lasciava andare, una volta mi colpì particolarmente perché subito dopo aver finito di essersi lasciata andare bene bene mi disse che i suoi la volevano portare dallo psichiatra perché si succhiava il pollice, e mi chiese se non era il caso di dirgli che non succhiava solo quello. Intanto la Bice in occasione della partita con la Juve, con la scusa di andare nel Barrio “Ejercito de los Andes” dove è nato Tevez a cercare lo scoop, si è fatta un viaggio in Argentina alle mie spalle, bisogna dire comunque che a proposito dell’Apache è riuscita ad avere particolari significativi dalla famiglia, non solo quindi il risaputo come la cicatrice sul collo dovuta ad ustioni di terzo grado che si è procurato accidentalmente all’età di 10 mesi a causa di una pentola di acqua bollente. La Bice ha scavato nel passato di povertà della famiglia, la mamma ha ricordato che per loro prendere a calci un barattolo nel Barrio equivaleva a fare un trasloco, e poi la sorella di Carlos ha ricordato che il fratello era brutto anche prima dell’incidente, infatti ha raccontato che quando lo ha visto la prima volta ha voluto sapere dalla madre il perché non avessero tenuto la cicogna invece di lui. Un ultima commovente storia che ci arriva sempre da quell’Argentina povera grazie alla capacità della Bice di penetrare nel vissuto e quindi non solo di essere penetrata nel proprio tessuto, ci racconta che la sorellina di Tevez è stata per motivi di forza maggiore sempre indipendente, fin dall’età di 7 anni quando comprò una bicicletta con i propri soldi che risparmiò smettendo di fumare. Per Tevez ci vorrebbe lui, quello che per via delle canne ci sembrava semplicemente un marcatore, mentre era molto di più di un uomo che contrastava, per un attaccante era un pericolo maggiore perché non procurava solo infortuni da trauma, no, lui era davvero molto di più. Per l’avversario era addirittura una patologia. L’alessiotendinopatia.