Calata un po’ l’ubriacatura e vomitata tutta la gioia su una Firenze allagata da una bomba d’acqua mentre un tempo c’era solo quella di Ramon Diaz, oggi è possibile ritornare sul match, come un bicchiere di vino la mattina dopo a colazione per ubriacarsi di nuovo. Qualche fotografia scattata dalla terrazza della nostra felicità, una ripresa dal Piazzale per inquadrare la nostra culla e sentire ancora i boati dei gol che ci cantano la ninna nanna. E vedere Pepito Rossi che si erge sulla partita come la Cupola del Brunelleschi, Neto che ci tiene in piedi come un panino con il lampredotto a metà mattinata. Intanto mi sono innamorato definitivamente di Borja Valero, la sua eleganza mi ricorda tanto i tessuti di Bianzino con i quali mia madre mi cuciva le camice, un altro negozio che non c’è più in piazza Duomo, il suo disegno cachemire era come il suo controllo di palla, i suoi tocchi sono i merli di Palazzo Vecchio che ancora ci fischiano nelle orecchie, la palla di prima che innesca il contropiede del 4 a 2 è il Rinascimento del calcio. La sua semplicità di gioco mi ricorda l’asilo con il suo pergolato di glicine. Oggi mi ritrovo più forte ma con un debole per Matos, come ho avuto sempre quello per il culo della Beatrice, mi piace la sua sfrontatezza come quelle natiche arroganti, la sua vitalità come quel sedere dalla tonicità di marmo. E poi il primo gol di Joaquin capace di portare i secchi della speranza su una partita che ci aveva lasciato a bocca secca, Montella e il suo equilibrio, lo spirito di squadra, il pubblico, la coreografia, Firenze, Andrea tarantolato, lo striscione “Tevez levati la maschera non è ancora Alloween”. Diciamo che una volta fatta risalire la goduria con una buona bottiglia di ricordi, e vista l’orgia di emozioni, l’ubriacatura mi spingerebbe verso tutte quelle donne che battono in mezzo agli angoli delle strade per liberarle almeno di quelle scomode etichette, vorrei tanto mettergli la sciarpa Viola al collo, e invece di considerarle puttane gridargli “bisettrici”. Mi sto accarezzando il ricordo della partita come fosse un gatto sulle ginocchia, lui fa le fusa e io lo coccolo. Non se ne esce più ed è pericoloso, perché ho un sorriso ebete come fosse una paresi. La Rita sostiene che non sto bene, che sono troppo stressato. Mi sento molle, riverso impunito sulle agiatezze come un imperatore romano, arriva il Panduri che non è quello di Verona e che forse riuscirà a scuotermi da questa estasi. Ma perché ridestarmi da questa situazione di sballo interiore? Forse perché potrebbe essere somatizzato fino a diventare cronico? Non mi voglio scuotere, si, voglio prendere un circolo, accarezzarlo e farlo diventare vizioso. Si, voglio morire così, come sul culo bianco di Carrara della Beatrice. Oggi vorrei che fosse Carnevale così anche i pagliacci, le puttane e i falsi passerebbero inosservati, perché Il martedì non è un giorno facile per nessuno, oggi abbiamo la fortuna di renderlo meno difficile. Adoro invece il lunedì, il lunedì è un giorno speciale, quello che viene subito dopo la domenica della vittoria in rimonta 4 a 2 sulla Juve, la mattina ti svegli pensando che è domenica, fai colazione come se fosse una domenica, a pranzo mangi il "rimasuglio" della domenica, a cena mangi i rimasugli dei rimasugli del pranzo della domenica, finisce il lunedì ed è già martedì, che sinceramente non serve ad un cazzo, il martedì dovrebbero abolirlo, è il giorno in cui iniziano i problemi, perché non sai cosa mangiare, devi scervellarti perché, se il lunedì "hai la scusa" per mangiarti le lasagne avanzate dalla domenica, il martedì no. Il martedì partono i sensi di colpa e quindi giù di fesa di tacchino con panino integrale. Grande il lunedì dopo la vittoria in rimonta 4 a 2 sulla Juve, ti prego non finire mai! Ci sono cose che ti lasciano qualcosa dentro, e Alien questa volta non c’entra niente. Siccome sono troppo felice per sciuparmi il martedì dopo il lunedì dopo la domenica perfetta, lascio l’ultima considerazione sulla giornata di campionato appena trascorsa ad Hannibal Lecter che riferito a Mazzarri sostiene che certe persone proprio non le digersce.