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martedì 30 dicembre 2014

Quando la cultura non agevola l'uso del tetra brik

La cosa che più da fastidio delle feste non sono tanto i parenti, quanto invece lo zucchero a velo del pandoro che vola dappertutto. Non solo sul golf nuovo, no, anche sui mobili scuri del salotto. Per raggiungere il suo massimo fastidio quando si attacca al lavoro del tuo dentista. La foto di copertina ne evidenzia la pericolosità sulle fasce adolescenziali della popolazione. Una volta individuato il nemico numero uno del Natale, dopo Montella, passiamo a quello che potrebbe sciuparti l’ultimo dell’anno, che non è la mancanza di un pandoro al quale scaricare la colpa se anche il 31 ti trovano del bianco sul golf fatto ai ferri dalla suocera e non volevi far sapere che fai uso di Citrosodina quando ti senti pieno. Il nemico numero uno in questo caso è il temutissimo sapore di tappo. Più si alza il target della bottiglia scelta e più il sapore può diventare quello tremendo dell’ultima delusione targata 2014. Più ancora del gol tutto fiorentino di Tonelli. Tutt’altro che un tappo. Gli stessi problemi che il grosso cambiamento della viabilità creerà allo Statuto quando riapriranno le scuole. Cos’è più difficile quindi, ritrovare i gol di Gomez oppure collegare le due rive del Mugnone dopo la chiusura del ponte dello Statuto? Qual è il rischio maggiore, i cavalli di ritorno come Mutu e Gilardino, oppure il dramma di non poter bere la bottiglia scelta con così tanta cura? Per la mia ultima bottiglia dell’anno ho scelto un mito, quello che da ragazzo era stato per altri versi Johan Cruijff, lui la massima espressione di quel calcio, in questo caso il vino bianco più espressivo del mondo, grazie alle sue caratteristiche di finezza, mineralità, acidità tagliente e complessità. E non parlo del presidente della Sampdoria anche se poteva sembrare. Ma di uno Chablis. Dopo la delusione Marin non potrei accettare il sapore di un altro tappo. Figuriamoci Giovinco, oppure il discorso di Napolitano a reti unificate, quando il nostro problema sta proprio tutto lì sotto rete. Devo ammettere candidamente quindi che le mie aspettative sono rivolte più allo Chablis che al mercato di gennaio, e non me ne vorranno coloro che aspettano il nuovo Messia. Non andrò su YouTube a visionare le caratteristiche di qualche nuovo fenomeno, sceglierò uno Chablis Grand Cru Les Clos, il produttore che più adoro per la purezza stilistica, la stessa del primissimo Borja Valero, e l’espressione davvero paradigmatica, specie se trovo un’annata splendida e per lui “storica” dal punto di vista del risultato qualitativo come il 2002 o come l’altrettanto famoso 4 a 2. Colore innaturalmente chiaro e trasparente, brillante pur non essendo australiano, e senza cedimenti. Il naso davvero il migliore possibile per esplosività e florealità, altro che il naso di Mutu, di una complessità e piacevolezza da lasciare a bocca aperta. La sua inarrestabile corsa ricorda Rocca, non finisce se non a bicchiere vuoto, come risulterà sempre quello di una checca isterica, e neppure allora, continuando ad esprimere concetti che le fosse nasali decodificano in chiave di piacevolezza. Bocca tagliente, di bevibilità assurda. Un piccolo capolavoro proprio come il gol di Bressan al Barcellona. Ma tutte queste aspettative possono trasformarsi in una cocente delusione se apparirà quello sgradevole e temutissimo sapore di tappo, per questo motivo alcuni popoli che per cultura rifiutano l’idea del tetra brik, alla fine preferiscono servire qualcosa di caldo.