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mercoledì 3 dicembre 2014

Il bianco e il nero

Il 1° dicembre non ho solo strappato una pagina dal calendario di Emily Ratajkowski usato  per coprire alla Rita quello di Frate Indovino nudo, oppure ricordato che Woody Allen ha salutato per sempre anche i 70. Visto che siamo nella settimana della vera intolleranza al bianconero, voglio ricordare un 1° dicembre dove si è cominciato a rispondere alle intolleranze dei bianchi nei confronti dei neri, quando ancora non era salito alle stelle il prezzo della farina di Kamut. Un 1° dicembre che non era intollerante al glutine o al lattosio, e nemmeno alla classe arbitrale, era il primo dei primi dicembre del ‘55 quando un afroamericana di 42 anni rifiutò di alzarsi e cedere il suo posto a un bianco su un autobus a Montgomery, in Alabama, e non in piazza Gualfredotto. Venne arrestata dalla Polizia, processata e condannata per disordini, e il suo gesto ispirò il boicottaggio degli autobus di Montgomery da parte della comunità afroamericana e anche la tessera del tifoso. “La gente dice sempre che non mi alzai perché ero stanca, ma non è vero. Non ero fisicamente stanca o più stanca del solito dopo tre partite in una settimana. Non ero vecchia anche se alcune persone pensano che lo fossi. Avevo 42 anni come Minala della Lazio che invece ne dichiara sempre 17. No, la sola cosa di cui ero stanca era di cedere il posto per via di questa mania del turnover”. Noi invece alziamoci pure, dalla poltrona, dal divano o dal seggiolino numerato del Franchi, o anche da quello della tramvia, tanto per rimanere in tema, ma solo al gol contro gli sporchi bianconeri, che in quanto tali racchiudono tutto il peggio delle intolleranze. Altrimenti rimaniamo seduti
senza cedere di un centimetro alla sudditanza psicologica, e con una mano sul portafoglio procediamo spediti verso i tre punti, oppure Scandicci. E sempre con il bianco e nero voglio ricordare la nostra storia fatta di bacini d’utenza senza lingua, di diritti televisivi e rovesci radiofonici caratterizzati dalle urla del Guetta, il fair play finanziario disatteso dai pugni di Delio Rossi, e tante bestemmie creative che da queste parti vengono giustificate con la solita storia dell’intercalare. Fermi al Rinascimento e alla rinascita di Gomez, fermi come Ilicic, e anche se Firenze è più costellata dai cipressi che dai trofei, ha comunque una coreografia in bianco e nero capace di raccontare che siamo poveri ma belli. E poi il tempo vola e c’è stato il 2 dicembre del ‘23 quando nasceva la Divina Callas, mentre lo stesso giorno ma del ‘56 ottanta uomini (la prima vera rosa ampia), guidati da Fidel Castro, sbarcano a Cuba: è l’inizio della rivoluzione che ha dato spunto anche a quella  Pradè e Macia dopo la notte delle pernici. E siamo già ad oggi quando nel 1895 nasceva Anna Freud figlia di cotanto padre che si è dedicata alla psicanalisi infantile di cui io non ho mai potuto godere, stretto com’ero tra i meccanismi contorti della difesa dell’Io. Una difesa a tre nella quale non ho mai capito chi cazzo fossero gli altri due. Tutti ricordi in bianco e nero.