Uno che ha un blog sulle spalle come me non può essere così buono e fare finta che vada sempre tutto bene. La famiglia felice del Mulino Bianco è finita quando hanno trovato la cassaforte di Vittorio tutta piena di bianco. Sono incapace, mollaccione, supino e passivo agli eventi negativi partenopei. Devo evitare di bere un limoncello a fine editoriale come se fosse un pasto. Devo essere più Salvini e smettere di mangiare la pastiera a favore del castagnaccio. Magari devo cominciare a masticare le cipolle di Certaldo per migliorare l’alito e alimentare la cultura dell’allenatore a km zero. Lo so che voi cercate in tutte le maniere di bilanciare questo mio lassismo caratteriale, cercando soprattutto le more di gennaio pur di mandare via Montella. Forse per scuotermi, o forse solo per fare la marmellata fuori stagione. Voi amanti delle primizie tattiche di allenatori innovatori quali Reja, so che mi pungolate, mi puncicate leggermente gettando critiche su Montella come fiori a una prima donna sulle tavole di un teatro. Speriamo di fare in tempo con Reja perché l’unico difetto potrebbe essere quello che è avanti con l’età. Però non posso più trincerarmi dietro al record di vittorie esterne, perché quando ero piccolo mi si slacciavano le scarpe continuamente. Anche a vent'anni, mi si slacciavano sempre le scarpe. Anche a venticinque, mi si slacciavano. Anche a trenta. Adesso, mi si slacciavano ancora. Sono timido nel condurre il blog, sono troppo democristiano nel modo attento e mellifluo di non creare frizioni, tengo il piede sinistro libero da impegni e uso il cambio automatico. Perché ho cercato ambientazioni paradisiache di questo spazio fino a farne un laghetto? Perché per nuotare in un mare di merda ce ne vuole di forza. Sarà che mi fa paura la gente per strada, ma quando esco per strada mi sembra che tutti, vedendomi, pensassero “Lo vedi quello lì? Quello che scrive su un blog dove lo seguono solo in 33. E allora mi sono scosso dal fantino che non ho mai avuto, sono stato sempre senza una guida, oggi però la Rita mi ha spinto non solo a vendere la macchina in pelle targata Ascoli Piceno che mi si slacciava ogni volta che la mettevo in moto, mi ha convinto a fare un corso per corrispondenza di tiro a segno agli allenatori. Solo che, arrivato alla quinta lezione, non ho ricevuto più niente dall’editore che mi inviava le dispense. Forse dipende dal fatto che per svolgere i compiti della lezione sul tiro a un bersaglio mobile, in mancanza di napoletani in movimento (sono sempre fermi perché non fanno mai una sega), ogni giorno cerco di colpire il postino.