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venerdì 21 novembre 2014

Sono un italiano

Io sono molto italiano, non solo nei tratti somatici, nella carta d’identità, nel carattere solare malgrado le bombe d’acqua ci abbiano tropicalizzato l’indole, oggi in molti scendono in piazza per protestare, la crisi economica. Io dopo il diradamento precoce è da tanto tempo che sono sceso in piazza. E così mi rado. Sono un italiano che prova piacere a guardare i paesaggi della propria Nazione, profili spesso sfregiati dall’incuria, colline che sembrano seni, mi sento ricco per il tesoro delle sue tradizioni frastagliate come certe coste di una Terra che purtroppo, però, sempre più persone non riconoscono più come la propria. Se ne vergognano. Come se quei seni non stessero più su. Emerge un senso di schifo e indignazione, è vero che abbiamo tanti difetti, che mettiamo la macchina nel posto degli invalidi, e che dopo Pavarotti, Dolce e Gabbana, e Valentino Rossi, anche Umberto Tozzi è stato condannato per evasione fiscale. Oggi infatti canta “Si poteva dare di più”. Perché tutti possiamo dare di più, tutti, per cercare di vergognarci di meno, vorrei posteggiare le carrozzine degli invalidi nei posti degli incivili. Vorrei indignarmi. Poi però è anche vero che in Italia a trent'anni sei troppo giovane per avere il diritto di lavorare o essere considerato un professionista, ma sono sufficienti a cancellare, o se preferiamo di più utilizzare il termine giuridico delle sentenze, a prescrivere un reato di disastro ambientale. Ma la morte non si prescrive, e lo svizzero non più reperibile potrebbe commentare la sentenza (anche se le sentenze non si commentano ma si rispettano): “Vado, faccio una strage e poi torno in montagna col cioccolato che tanto in Italia non funziona niente figurarsi la giustizia”. Passi Renzi col koala mentre l'Italia sprofonda nel fango, ma sulla sentenza Eternit la Cassazione fa una cassanata. Qualcuno sostiene che ci meritiamo di essere dati in concessione d'uso (gratuito) ad un paese dell'Europa del nord a scelta, come residenza di vacanze. Io che sono orgoglioso di essere italiano, rivendico il mio far parte di questo popolo di santi, poeti e navigatori, malgrado Schettino e i sindacati, e per non dimenticare questa come altre, uso le parole di Roberto Roversi che furono pubblicate su “Paese Sera” il 6 agosto del 1980, quattro giorni dopo la strage:

BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.20
il cielo è un forno di pane pronto per la cottura
scappare sul mare di questa pianura e poi
approdare a isole azzurre felici ma tu
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.21
dicevi dicevi tu dicevi che hai bisogno di riflettere
se in questi giorni le parole hanno un senso
anche fra noi
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.22
d’accordo, non si può buttare via niente
d’altra parte non è possibile conservare tutto negli angoli della memoria
salvare l’indispensabile
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.23
lo so che non sono migliore o peggiore di tanti
cerco con gli anni di diventare diverso
ho fatto errori tremendi
ma non mi sono mai consolato
la vita non è una prova di formula uno
per guadagnare la prima griglia in partenza
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.24
dammi la tua mano
vivere una volta per tutte definitivamente
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.25
senza un fiato di vento il cielo ha buttato
un grido tremendo
un sole nero corre per le strade
io voglio provare i miei sentimenti come su una lastra di fuoco
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.26
ahi il cuore
piange piange adesso piange come un sasso che ha vita
chiamano contiamo i morti
la libertà è lì a terra ferita
non possiamo più dare
soltanto pietà
questa estate è finita
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.27
ma dammi la tua mano
io non mi rassegno non mi voglio rassegnare.