Ho un figlio digitale cresciuto a Internet e smartphone, nato in una famiglia con pc e tablet, io e la Rita li usiamo di continuo, lui li considera oggetti quotidiani e naturali. Tommaso non ha pregiudizi a passare da una partita di calcio al videogioco in cui chatta con gli amici, per lui l’ambiente online è una realtà aumentata, non virtuale come intendiamo noi, ossia parallela e minore. Usa mente e mani in modo diverso, scrive su una tastiera e si muove con un metodo basato su prove ed errori. Non leggerà mai un manuale e cercherà su Google la risposta, attraverso un sentiero di click. Tommaso non è solo più abile di noi a destreggiarsi tra tablet, chat e console, fa parte proprio di una specie in via di apparizione, dotato di un’intelligenza superiore e una saggezza digitale che quelli come me e la Rita, figli del libro e dell’analogico. non abbiamo. Si perché noi siamo adulti “immigrati digitali” mentre i nostri genitori, “deportati digitali” (provate a far guardare la partita della Fiorentina in streaming a un settantenne). Io comunque non lo sento tutto questo gap temporale, anzi lotto, reagisco al tempo che passa. Mi vesto in modo “giovanile”, la domenica mattina esco, prendo la 127 e vado a giocare la schedina. Fiorentina Napoli 1 X.