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domenica 22 dicembre 2013

Panchine vuote

Solo per la cronaca ieri c’è stato il solstizio d’inverno, che non è un tizio strano che è passato sol per San Frediano, ma è il giorno più corto dell’anno e vale per tutti. C’entra anche poco con il sapore che vorrei dare al post di oggi ma è un ingrediente che andava usato visto che il Milan giocherà con un preservativo di un centimetro al braccio per ricordare che anche la società di via Turati ha conosciuto il suo inverno con l’arrivo di Montolivo, giocatore che oggi rappresenta nel campionato di calcio italiano non solo il suo capitano ma soprattutto il giocatore che  ha l’uccello più corto. Ancora a margine del senso che vorrei dare al post di oggi ci sono le dichiarazioni di Bobo Vieri che recentemente ha sostenuto, che se davvero Riccardo avesse voluto alzare l’asticella non avrebbe dovuto portarsi dietro una velina di RTV 38, perché a Milano ci sono quelle di Striscia ed è inutile poi lamentarsi che Nocerino gioca partite a Barcellona in Champion, e gente come Matri che tra l'altro nemmeno gioca si tromba le veline vere. Per arrivare così al senso di quello che mi premeva raccontare oggi, tra tweet, hastag, relazioni in rete, rapporti virtuali che contrastano con le panchine delle piazze sempre più vuote oppure occupate solo dagli anziani. Parliamoci chiaro, i “Social” con Facebook in testa nascono solo per far ritrovare le vecchie fidanzate, per cercare storie disperate, o per organizzare cene con i compagni di scuola dispersi tra le nostalgiche reminiscenze della vita. Un tempo invece c’era solo il quartiere, l’amicizia si chiedeva in piazza, la chat era per strada. Ci si annusava nei giardini, tra le macchine, “mi piace” lo mettevamo sul ghiacciolo al limone, dividevamo il flipper giocando con un tasto per uno invece di “condividere” link o foto. Il juke box era il nostro You Tube, non invitavamo a giocare a Tetris ma con la cerbottana. Certo, non c’erano ancora le fidanzate e i compagni di scuola non erano ancora dispersi. C’era però ancora il quartiere a disposizione per le nostre relazioni, ci si aspettava alla panchina, appunto, ci si suonava il campanello, nessun SMS, oggi aspettando la vittoria con il Sassuolo, il ritorno di Deyna e del Colonnello, notizie su Foco, voglio raccontare come certe dinamiche resistano ancora all’orgia di Faceboock, ma sempre più a fatica. Momenti preziosi, il gusto ancora rotondo del tatto, le curve sode della memoria. L’ oro di quartiere, insomma, come del resto la bottarga è quello di muggine. Naturalmente lasciando sempre aperta la porta del blog a chi non trova spazio nel salotto di Bruno Vespa e ha voglia di pubblicizzare il proprio libro, perché capisco che venire a trovarmi in centro sia troppo scomodo, fa freddo e non si sa mai dove parcheggiare la macchina. Insomma, da ragazzi, c’era il Bicchi che era un vero campione a giocare a nascondino, lo guardavo attentamente per rubargli i trucchi, per imparare, ne ho conosciuto solo uno più bravo di lui e l’ho riconosciuto in Daniel Bertoni che quando c’era il sole si nascondeva all’ombra della tribuna. Comunque nessuno riusciva mai a trovare il Bicchi, specialmente il Benedetti che impazziva per ore e ore, a volte per pomeriggi interi, tentando di scovarlo dai suoi incredibili nascondigli. Poi c’è stato un periodo che il Bicchi se n’è dovuto andare via e così perse di vista tutti i ragazzi della compagnia di Porta Romana. Ieri è ritornato per rivedere quei posti che lo videro bambino. E in piazza ha ritrovato anche il Benedetti, anche se un po’ rintronato, con la pancetta, i capelli sale e pepe, qualche ruga e la solita faccia a culo. Era in piazza e quando lo ha visto si è alzato, lo ha guardato fisso negli occhi ma invece di andargli incontro per abbracciarlo è corso verso il muro, lo ha toccato con la mano e ha gridato “tana!!”.