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martedì 17 dicembre 2013

Il santone

Fino al sorteggio quella di ieri è stata una mattinata passata a preferire, si, a preferire la squadra meno forte e allo stesso tempo a temere la trasferta meno attraente, piuttosto che Amsterdam per esempio, dove invece si può unire l’utile al dilettevole, quando per utile e dilettevole s’intende il sottobosco del peccato e del vizio, che per me è quello di ritornare per l’ennesima volta a vedere il Van Gogh Museum. Storie di attese quindi, sempre le stesse e sempre diverse. E poi, infischiandosene delle preferenze, l’urna ha scelto per noi l’Esbjerg. Una gran bella Trasferta. Così mi sono subito attivato e ho trovato una bella stanza a casa della danese Trasferta che gentilmente mi ha mandato anche la sua foto. Spero che la stanza a mia disposizione sia anche la sua camera da letto e così me ne farò una ragione se non potrò rivedere le opere dell’olandese, mi farò bastare quella di Sneijder dell’altra sera, e magari la partita la posso sentire anche solo per radio nella stanza della bella Trasferta. Il sorteggio è andato meglio di quanto mi è successo da “I Raddi” dove evidentemente non sono proprio all’altezza della situazione, un po’ come Montolivo, forse perché non hanno ricevuto una preparazione adeguata dalle scuole professionali, molto diversa da quella di Borja Valero. Avevo studiato bene la carta dei vini, come era stato fatto in mattinata con tutte le possibili avversarie europee della Fiorentina, ho chiesto quindi un vino importante. Uno Chateau Lafite Rothshild del ‘97. E il sommelier, un “piercolo” dell’Antella con i capelli unti come la fettunta, dopo essersi complimentato per la mia scelta da vero intenditore, mi ha chiesto se lo preferivo liscio o gassato. Le preferenze appunto. Come il pareggio tra Milan e Roma. Come c’è chi ha Firenze preferiva Delio Rossi a Sinisa, o Prandelli al Resto del Mondo, all’euro, alla propria famiglia, alla danese Trasferta, non a caso Cesarone nostro è d’istanza a Coverciano da sempre il regno della competenza, della Polizia e degli avvisi di garanzia. Mi ricordo che appena se ne andò dalla Fiorentina, quando cioè il mondo Viola lacrimava sangue e il calcio era sprofondato in una realtà senza più futuro, avevo provato anche ad andare in visita dal santone a Coverciano. Per cercare di capire se la Fiorentina poteva essere ancora una nostra passione oppure solo la nostra croce. Mi ha accolto e mi ha fatto entrare in una stanza piena di incensi, con i profumi forti dell’Arbre Magique al mango e lo sterco della campagna bresciana. Del resto a Firenze tutti lo incensavano e per questo c’era un gran puzzo di merda e cocco. Lì però mi ha illuminato la mente con la sua saggezza, con la sua proverbiale etica. “Cerca di vivere la tua esistenza senza farti fuorviare dalle tentazioni del mondo”, mi ha detto con fare grave come quando fu sorpreso a braccetto con Bettega. Poi ha continuato: “Le cose che contano sono solo gli eterni principi dell’essere e della verità assoluta. Il quattro quattro due. Solo questo conta, l’ordine tattico, perché tutto il resto è solo vuoto e perdizione”. Sono rimasto colpito da queste parole, anche se oggi sono rimasto più colpito dal gioco di Montella, e gli ho chiesto quando sarei potuto tornare per avere altre perle del suo sapere. Ma mi ha risposto che fino alla fine del mese non era possibile incontrarmi di nuovo, perché doveva andare in vacanza alle Maldive. Insomma, la Fiorentina di Montella è la dimostrazione che il mondo non era finito e che il bel calcio oggi è più bello anche delle spiagge bianche dove il Santone mette a punto la sua etica, dove anche se il sole picchia forte, essendo già nero Balotelli non si brucia mai.