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giovedì 5 dicembre 2013

L'Arno divide

L’Arno è un elemento invasivo, un parametro con i parapetti come può essere quello, invece senza, utilizzato in medicina per descrivere la capacità di un esame clinico di penetrare le difese naturali dell’organismo. L’Arno divide. Penetra nel nostro tessuto urbano, mentre i Canottieri scivolano sulle sue acque come tanti sondini, meno invasivi certo, delle vecchie gomme d’auto portate dalla corrente. Ci sono i ponti che sono bypass a cuore battente, quello alla Carraia è il più importante perché porta sangue fiorentino al cuore della città, gli altri servono per le trasfusioni, il passaggio cioè di persone tra di qua e di là, da una parte all’altra, sacche di sangue come borse della spesa all’uscita di un supermercato. La città di lago non è come quella di fiume, così come i suoi abitanti, io preferisco il pesce di fiume perché mi piace cogliere l’attimo, a differenza di chi invece propende per le famose carpe Diem. L’Arno divide. La città è irrigata da contraddizioni, c’è vegetazione in acqua e gente che vegeta fuori, ci sono bellezze di marmo e schifezze nell’Arno, c’è il bastian contrario, il bastione, il bestione fuori dal locale, il bastone e la carota, il truffatore, mentre il tuffatore secondo Calvarese è solo Cuadrado. La città vive nel disordine delle sue opere d’arte, come se fosse apparsa da una nuvola dopo l’esplosione di una bomba che ha lasciato dietro di se solo sindromi di Stendhal e disseminato bellezza ovunque. L’Arno, invece, mantiene rigido il suo preciso sviluppo, un punto di riferimento, una stella cometa che guida le dinamiche della città come il semaforo di un incrocio. Il disordine delle emozioni coglie impreparati soprattutto gli anziani, sempre sotto il fuoco incrociato della vita e delle truffe. L’altro giorno in via del Leone un tizio travestito da rapinatore si è fatto aprire la porta da una mia zia molto anziana, e poi le ha letto il contatore del gas. Mentre la partita di domenica è soprattutto una sfida tra due città divise da un fiume più che da una rivalità, una partita da guardare ma anche da guadare per attraversare il letto che ci separa dalla definitiva consacrazione. Poi c’è anche chi a letto è un fiume in piena, chi invece tende a superare gli argini della decenza, chi dopo aver fatto all’amore fuma e chi invece è un alluvione di parole. Insomma, chi preferisce le rive del fiume alla rivalità. A Roma non esercita Calvarese e quindi il tuffatore può approfittare del Tevere e non dell’area di rigore, un classico che di solito saluta l’inizio dell’anno, mentre a Firenze di classico c’è la ribollita e la supercazzola con scappellamento sulla destra come se fosse Antani. Del ‘66 ricordo solo parole fradice e fango, oggi spero che il 33 faccia la metà di quei danni, nelle difese avversarie e non nelle cantine. Gomez angelo nel fango di un infortunio, anche se l’attaccante ideale per le città di fiume è sempre stato De Ponti, al netto dei tedeschi che di solito li fanno de saltare. L’Arno divide, la città è bianco e nero, è bello e brutto, è il Battistero e Battistini, il Vasari e Pagliari, è Botticelli e Torricelli. L’Arno divide. Proprio come le poppe che si separano come due vecchie amiche dopo aver preso un tè caldo, e non come la passera che invece è al centro del progetto dell’uomo. Il famoso progetto, ecco adesso è tutto più chiaro, tutto ruota intorno al progetto. Elementare. Sarà perché ho letto che Sherlock Holmes da bambino frequentò la Scuola Elementare “Watson”.