Il quartiere sta invecchiando inesorabilmente, i giovani vengono mandati in prestito negli altri paesi dell’interland a farsi le ossa, e con i vecchi rimasti non si vince nemmeno la coppa del nonno. Altro che l’Europa League. Per le strade ci sono più bastoni che carote, badanti polacche e scaracchi di sigaro toscano intercalati da moccoli di modernariato, la tecnologia latita, le prostrate s’infiammano come un tempo le passioni. Di giovane in San Frediano sono rimasti solo i cani dei vecchi, i bambini che nascono stanno sempre con i nonni, e così come i cani che assomigliano ai padroni, i bambini assomigliano ai nonni. E’ rimasta giovane solo la passione per la Fiorentina, mentre gli asili sono frequentati da bambini che giocano guardando gli operai per strada che lavorano, non si gioca più al dottore ma a guardare i cantieri. Come se non bastasse i vecchi non muoiono più nemmeno quando sono morti, imbalsamati amorevolmente dai figli nell’armadio della camera per non lasciarli andare via, per non lasciare andare via la loro pensione. Anche se l’immigrazione ha portato Diladdarno molti pugliesi, non c’è nessun tarantino che sostiene che il quartiere non sia un paese per vecchi, forse solo quei burberi dei fratelli Coen che abitano all'albergo popolare, anche Ambrosini ha scelto San Frediano per vivere la sua esperienza a Firenze. In via Romana dove un tempo c’era il cinema Astor c’è un supermercato un po’ angusto, l’altro giorno avevo preso le cose che mi servivano ed ero in fila alla cassa quando una signora anziana mi ha chiesto se potevo farla passare perché aveva mal di schiena, non poteva stare in piedi e si sentiva mancare il respiro. Il ritornello che si fischietta nel quartiere quando non si è a fare i fanghi oppure a Trespiano. L’ho guardata ed era davvero una bellissima vecchietta, con i capelli bianchi immacolati, lo sguardo stanco e un sorriso angelico. Ho sentito una fitta al petto che non era ancora un infarto, sembrava proprio la mia povera nonna. Il cuore ha cominciato a battermi forte per l’emozione, mentre tanti ricordi si affacciavano alla mia mente, sì, sembrava davvero la mia nonnina che ho amato tantissimo. L’ho guardata con dolcezza, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. Poi le ho detto di no perché avevo fretta. Dovevo andare dal Nenci, il fabbro di via della Chiesa sotto la casa della mamma di Furio, ci lega un segreto e anche un bel progetto che ci serve per...si insomma, questo lo capirete. Frequento la pubblica assistenza di via Sant’Agostino dove vado ad adescare le anziane che giocano a carte, il Nenci mi ha insegnato come sceglierle, quali caratteristiche sono più indicate al suo tipo di artigianiltà, insomma, mi ha dato certe dritte preziose, l’esperienza di una vita di manualità intera messa a mia disposizione in mancanza di un apprendista, per portare a termine il nostro progetto.
Le guardo mentre faccio finta di leggere il giornale, la caviglia, l’altezza, le vene varicose, devo privilegiare certi tratti somatici e certe proporzioni che sono indispensabili per ottenere il miglior risultato finale. Poi una volta individuata la vecchietta perfetta, scelta la giornata ideale, spesso quando piove forte o fa molto freddo, tiro fuori tutto il mio fascino, tutti i miei modi garbati per offrirmi di riaccompagnarla a casa. E invece la porto in via della Chiesa. Ieri ho raccattato la vecchia Gori che faceva l’ortolana all’inizio di via Romana dalla parte di piazza della Calza, il Nenci ci lavora un po’ con le sue manone d’oro e me la fa diventere una bella fica, giovane, come mostra la prima foto ancora in lavorazione mentre la seconda testimonia quanto sia bravo come fabbro il Nenci e quanto sia diventata “bona” la Gori ultimata, che poi ributteremo libera a ringiovanire il quartiere. Dopo averla trombata bene bene naturalmente, e prima di andare allo stadio a vedere la Fiorentina contro il Bologna.
