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venerdì 8 maggio 2015

Nel prossimo blog spiegherò come si può essere maschi alfa anche senza occupare costantemente la corsia di sorpasso

Nella partita più importante della stagione la Fiorentina mostra tutti i suoi limiti, prima quelli individuali, tradita dai giocatori che avrebbero dovuto fare la differenza, e poi una volta regalato il raddoppio, anche quelli di squadra. Dopo il  due a zero infatti la squadra si scioglie, incapace di reagire, non più in grado di creare una sola azione da gol. Probabilmente raggiunge il suo massimo con le due semifinali, rimane il rammarico di non aver tenuta aperta la partita di ritorno. Rimangono anche dei bei ricordi di questa manifestazione, come rimane nel complesso anche una brutta ultima parte di stagione. Essere arrivati ai bordi delle due finali, da una parte ci tira fuori tutto l’amaro della delusione, e dall’altra ci ricorda che è stato anche grazie a delle belle emozioni se queste partite ce le siamo potute giocare. Oggi è normale che prevalga la voglia di buttare via tutto, il tifoso non riesce a gestire il carrello della spesa figuriamoci la rabbia. Dopo le occasioni clamorose sprecate nel primo tempo devo dire che se c’è chi si lamenta ancora per la fase offensiva, io guardando il carrello provo  invece più rabbia nel constatare che nel 2015 la Yomo non ha ancora inventato la linguetta che non si strappa in un pezzo solo. Ci sono delle priorità, oggi sarà tempo di consuntivi, di bocciature, ognuno individuerà le sue persone spregevoli, quelle capaci di tenere una mongolfiera incatenata a terra, oppure quelle capaci di tenere Marin in panchina. Usciamo da questa partita frastornati, peggio della labirintite di Boateng, e alla fine il tre a zero è come il rumore assordante che fa un amore non corrisposto. Un amore che può esser messo a tacere solo infrangendo il muro del suo no. Non ci può essere vergogna in una sconfitta però, il Siviglia è stato semplicemente più capace, non a caso ha già vinto più volte questa manifestazione negli ultimi anni, onore all’avversario che ci ha murati vivi nei nostri limiti. No, non butto via tutto quello che di buono ho vissuto in questa stagione, cerco l’orgoglio dentro ad una giornata afosa per combattere l’amarezza e la frustrazione che mi sembrano andare un po’ troppo oltre. Anche il disfattismo alla fine può rivelarsi un limite come la fase offensiva. Vedo troppi musi lunghi, sono troppe tutte 'ste barbe a giro che alla fine c’è da darsi una regolata prima che sembriamo tutti usciti dal Vecchio Testamento. E anche io me la sono lasciata crescere. Ieri sera ho stentato un po’ ad addormentarmi, poi mentre ci stavo riuscendo è arrivata la pecora che mi ha detto "dobbiamo parlare di Montella".