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martedì 12 maggio 2015

Allergia canaglia

E’ sempre bello andare a Roma, specie in un’ora e mezzo alla faccia del Tutor. Così come è stato bello battere l’Empoli alla faccia di Sarri. Rosiconi entrambi. Sarà stato il fresco Frascati, non lo so, forse il gol di Salah, che me sento ‘n friccico ner core, e alla fine mi sono ritrovato ad apprezzare anche il lunedì. E non solo perché è il giorno della settimana più distante dal lunedì successivo. La prima cosa che guardo quando arrivo al Colosseo è l’orologio al polso dei centurioni, mi fa strano. Così come la prima cosa che guardo di un bel culo è la ragazza. E poi che porchetta da “Er Buchetto!” Dell’ultima giornata di campionato quello che però mi è rimasto più impresso non è tanto il culo che le milanesi hanno fatto alle romane, e nemmeno i 35 euro del biglietto di curva a Empoli, perché i cugini di campagna sono stato ospitali e per quella cifra c’era compreso anche “bocca e culo”, come scritto molto piccolo dietro il tagliando. No, la cosa tremenda è stato constatare che undici napoletani non sono
stati in grado di fare una truffa. De Laurentis questa volta non ha invocato nemmeno il ritiro, si è limitato a esclamare: “Ch' figur 'e mmerd”. Poi una volta fatta colazione al bar, sistemate le piante, dormito dopo pranzo e vista la Fiorentina vincere, l’altra certezza che ti lascia la domenica quando arriva il lunedì, è che è arrivato l’arrotino. Sul Freccia Rossa di ritorno ho pensato un po’ alla “remuntada”, non troppo, e a 260 km orari praticamente è stato come se fossi entrato nell’ordine di idee di Salah. Il problema con questa Alta Velocità non è tanto il costo al km, ma che non fai in tempo a fare un bel pensiero che sei già a Campo di Marte. Una volta scavalcato il ponte Santa Trinita e preso via Maggio ho incrociato il Bambi all’altezza di via dei Velluti che veniva da via Toscanella. Come mi ha visto si è commosso, mi ha colpito molto questa cosa, perché ero partito appena la mattina stessa e oltretutto ci eravamo visti la sera prima per parlare della doppietta di Ilicic. Non pensavo che sapermi di ritorno poteva procurargli una simile reazione, così tanto che mi ha salutato in lacrime, con trasporto e sentimento. Per poi correre a fare un pupazzo di polline.