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martedì 8 luglio 2014

Rumori da una conchiglia

Ieri mattina sono andato in cerca di conchiglie, una volta raccolte le ho ascoltate tutte nel più classico dei gesti romantici che l'immaginario collettivo immagini. Oltre al mal di schiena, ho sentito un mare di cazzate, il mare mosso della Rete, dove rimane impigliato di tutto, anche un blog come questo. E poi trasmissioni di calcio mercato piene di buste di plastica, siti improvvisati come certe gestioni stagionali, radio piene di meduse urticanti, giornalismo di piccolo cabotaggio, notizie uscite da cambuse maleodoranti. Non c'è analisi, non c'è una voce di riferimento, mancano i cavallucci marini di una volta, spesso solo sabbia da sciacquare al più presto, e così succede di scottarsi i piedi a forza di camminare su spiagge di sassi indigesti. Il telecronista solitario come Soldini, il giornalista sulla cresta dell'onda, il direttore e l'editoriale da buttare giù come una Lemonsoda ghiacciata, sono fondali trasparenti di un calcio che non c'è più. Sono cieli stellati sostituiti dal kitesurf. Un calcio bifamiliare soppiantato dal rumore del condominio, da tatuaggi d'improvvisazione, la Rete palazzinara ci ha regalato periferie invivibili. C'è stata cementificazione selvaggia, e anche io ho contribuito a sporcare i muri, oggi si chiamano writers. Massimo Mauro opinionista, Prandelli etico, Montolivo capitano del Milan, la D'Amico che tromba con Buffon. Derive. Ma a pensarci bene l'evoluzione non si può fermare, io posso connettermi al nuovo giorno guardando il mare, posso comunicare le mie emozioni non appena il sole fa capolino, insomma con l'avvento della Rete siamo diventati tutti giardinieri del nostro Ego, dal microcosmo della provincia di se stessi siamo passati all'internalizzazione del proprio provincialismo. Siamo passati dal medico di famiglia, spesso un cecchino, ma al massimo ne faceva fuori uno alla volta, alla Mutua, ed è come se gli avessero messo in mano una mitragliatrice. Una strage.