Già
definirlo un derby è sostanzialmente una truffa per il consumatore,
tipo le lauree di Giannino o il pomodoro cinese, al massimo può essere
un App per lo smartphone visto che ce ne sono a bizzeffe che non servono
a un cazzo, una in più che trasforma una semplice partita divisa da una
catena montuosa spacciandola appunto per il derby dell’App-ennino ci
può anche stare, o se proprio uno non ha lo smartphone e non vuole
truccare l’evento da qualcosa di diverso di una partita senza troppa
enfasi, può fare un make up geografico per cancellare con il fondotinta
dalla cartina fisica dell’Italia quella messa in scena di derby invece
di usarlo solo per fare la drag queen. Tra l’altro negli ultimi quattro
anni è una partita che non vuole più nemmeno il meteo così presentata,
rinviata di continuo come se fosse un’udienza per un contenzioso di
natura condominiale, con la signora Maria che snocciola i nomi delle
amanti del marito di quella che abita di sotto e poi gli sgocciola pure
sulle corna. Non da poco nemmeno il fatto che si gioca di martedì quando
gli stimoli di ogni essere umano dell’ex ceto medio oggi diventato
aceto, una ceto medio che presto verrà utilizzato come criceto
restituendogli invece dell’Imu la ruota per la gabbietta dove correre
infelice, quando dicevamo gli stimoli sono ai minimi settimanali,
percentuali vicino al 25% di assenteismo, e come se le anomalie studiate
nei laboratori delle idee dai dirigenti del calcio non fossero
sufficienti si è inserito anche l’orario elettrizzante del telegiornale
per dare il fischio d’inizio alla commemorazione insieme alle
dichiarazioni dei politici sul voto, una pietra tombale, una vivisezione
crudele della passione, una partita interessante solo per la classifica
alla fine della nevicata diventata invitante come un sofficino, e solo
un Berlusconi a braccetto con chi smacchia i giaguari, e solo con un
condono tombale ad personam potrebbe mai ridarcela di domenica
pomeriggio. Se poi uno non direttamente interessato alla fine sceglie di
guardare le repliche di Derrick non è che si possono meravigliare più
di tanto quelli della Lega, anche se bisogna riconoscere che il Bologna
ha una maglia più bella di quella del Barcellona e la Fiorentina un
gioco ultimamente più efficace. Queste partite disperse nella coda
dell’inverno di una giornata di campionato sono psicofarmaci solo per
malati passionali all’ultimo stadio, quello insomma passato Sasso
Marconi e poi sempre a diritto fino a dentro un bel piatto di tortellini
che fanno tanto Eraldo Pecci, malati esentati dal ticket per essere
reclutati dal racket del maldivita, un’associazione di tifosi piegati
alle logiche dei bacini d’utenza, gente insomma con i bacini doloranti,
una sorta non proprio di sacra famiglia ma di famiglia alla quale duole
l’osso sacro perché glielo metteno sempre nel culo, e invece della madre di tutte le tifoserie diventa il
padrino col lampredotto mangiato come avvertimento prima della partita
invece della solita testa di cavallo, tutto questo non è in sapore di
mafia e ne in salsa verde ma solo il risultato di aver fatto l’elementari
in via Maffia, e mi perdonerà la maestra Bianco che aveva pure un debole per me. Coppia d’attacco confermata
mentre Larrondo scala a riserva della riserva, e scala oggi e scala
domani la gelosia per chi gioca lo corroderà fino a quando Toni non
cercherà di consolarlo convincendolo di essere un centravanti lontano
dal campo lontano dal gol. La squadra va a Bologna con un solo cambio,
Sissoko al posto di Pizarro, una manciata di diffidati, un cauto
ottimismo con la soglia di sbarramento alla Champion fissata con tre
punti percentuali. Si, in questo martedì alle venti dove soffiano ancora i
venti che ci hanno portato l’invasione dei grillini invece delle
cavallette, con i rigurgiti sani di un Bersani che è il solito gobbo
sfigato, ci entusiasmeremo a tal punto da buttarci sulla
terza repubblica e sui tre punti.