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martedì 26 febbraio 2013

Un Appennino di troppo, e poi dopo Barberino c'è sempre la fila

Già definirlo un derby è sostanzialmente una truffa per il consumatore, tipo le lauree di Giannino o il pomodoro cinese, al massimo può essere un App per lo smartphone visto che ce ne sono a bizzeffe che non servono a un cazzo, una in più che trasforma una semplice partita divisa da una catena montuosa spacciandola appunto per il derby dell’App-ennino ci può anche stare, o se proprio uno non ha lo smartphone e non vuole truccare l’evento da qualcosa di diverso di una partita senza troppa enfasi, può fare un make up geografico per cancellare con il fondotinta dalla cartina fisica dell’Italia quella messa in scena di derby invece di usarlo solo per fare la drag queen. Tra l’altro negli ultimi quattro anni è una partita che non vuole più nemmeno il meteo così presentata, rinviata di continuo come se fosse un’udienza per un contenzioso di natura condominiale, con la signora Maria che snocciola i nomi delle amanti del marito di quella che abita di sotto e poi gli sgocciola pure sulle corna. Non da poco nemmeno il fatto che si gioca di martedì quando gli stimoli di ogni essere umano dell’ex ceto medio oggi diventato aceto, una ceto medio che presto verrà utilizzato come criceto restituendogli invece dell’Imu la ruota per la gabbietta dove correre infelice, quando dicevamo gli stimoli sono ai minimi settimanali, percentuali vicino al 25% di assenteismo, e come se le anomalie studiate nei laboratori delle idee dai dirigenti del calcio non fossero sufficienti si è inserito anche l’orario elettrizzante del telegiornale per dare il fischio d’inizio alla commemorazione insieme alle dichiarazioni dei politici sul voto, una pietra tombale, una vivisezione crudele della passione, una partita interessante solo per la classifica alla fine della nevicata diventata invitante come un sofficino, e solo un Berlusconi a braccetto con chi smacchia i giaguari, e solo con un condono tombale ad personam potrebbe mai ridarcela di domenica pomeriggio. Se poi uno non direttamente interessato alla fine sceglie di guardare le repliche di Derrick non è che si possono meravigliare più di tanto quelli della Lega, anche se bisogna riconoscere che il Bologna ha una maglia più bella di quella del Barcellona e la Fiorentina un gioco ultimamente più efficace. Queste partite disperse nella coda dell’inverno di una giornata di campionato sono psicofarmaci solo per malati passionali all’ultimo stadio, quello insomma passato Sasso Marconi e poi sempre a diritto fino a dentro un bel piatto di tortellini che fanno tanto Eraldo Pecci, malati esentati dal ticket per essere reclutati dal racket del maldivita, un’associazione di tifosi piegati alle logiche dei bacini d’utenza, gente insomma con i bacini doloranti, una sorta non proprio di sacra famiglia ma di famiglia alla quale duole l’osso sacro perché glielo metteno sempre nel culo, e invece della madre di tutte le tifoserie diventa il padrino col lampredotto mangiato come avvertimento prima della partita invece della solita testa di cavallo, tutto questo non è in sapore di mafia e ne in salsa verde ma solo il risultato di aver fatto l’elementari in via Maffia, e mi perdonerà la maestra Bianco che aveva pure un debole per me. Coppia d’attacco confermata mentre Larrondo scala a riserva della riserva, e scala oggi e scala domani la gelosia per chi gioca lo corroderà fino a quando Toni non cercherà di consolarlo convincendolo di essere un centravanti lontano dal campo lontano dal gol. La squadra va a Bologna con un solo cambio, Sissoko al posto di Pizarro, una manciata di diffidati, un cauto ottimismo con la soglia di sbarramento alla Champion fissata con tre punti percentuali. Si, in questo martedì alle venti dove soffiano ancora i venti che ci hanno portato l’invasione dei grillini invece delle cavallette, con i rigurgiti sani di un Bersani che è il solito gobbo sfigato, ci entusiasmeremo a tal punto da buttarci sulla terza repubblica e sui tre punti.