presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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domenica 10 febbraio 2013
I nani da giardino
Sgonfi.
Come un palloncino rimasto appeso dopo una festa. Per di più quella
della Juve che così è sempre più in testa, un palloncino
dall’atteggiamento grinzoso rimasto a mezz’aria come un sogno
anchilosato un attimo prima di arrendersi alla legge di gravità. Appeso e
dimenticato come un sogno impiccato, dimenticato come Pirlo nella ressa
dove sgomita la presunzione, vogliamo credere semplicemente a una
svista da parte di Montella nella lettura della formazione della Juve,
che il nome di Pirlo, insomma, sia stato cancellato da uno scherzo di
carnevale un po’ pirla, non voglio pensare che gli siano state concesse
volontariamente le traversate in solitario sulla nostra pochezza, quando
invece all’andata una certa dose di umiltà ci aveva consigliato l’uso
di marcatura più adeguata. E così la Juve ha potuto festeggiare una
superiorità schiacciante, che va oltre l’orizzonte di un risultato che
ci arriva addosso comunque come la carica di un bisonte. Senza nemmeno
la vasellina, senza la consolazione della crema chantilly a proposito
del ripieno di qualcosa di così schiacciante, ci hanno preso a pedate
con volgari stivali chantilly e poi schiacciati con una Croma. Ci hanno
risparmiato la Duna ma solo perché il deserto l’avevamo portato noi a
Torino, un deserto che per la prima volta nell’era Montella ci ha visti
senza anima, senza il giusto atteggiamento, senza forza e senza
reazione, un deserto senza una palma ma dalla desolazione palmare, tanto
che siamo sembrati una squadra elettrica che portava le mazze da golf
alla Vecchia Signora, che non solo ci metteva in buca i sogni ma ci
prendeva a mazzate negli stinchi. Dall’emorragia di una squadra
dissanguata proprio nel suo modo di essere stata squadra fino a ieri, si
è salvato solo Cuadrado e parzialmente Valero, il resto stecca mentre
la Juve ci assesta un uno due proprio come un tempo faceva Maurizio
Stecca, ci mangia vivi come forza atletica, voglia, insomma una
Fiorentina spoglia, o almeno non familiare proprio come può essere un
trullo di Puglia. Devo dire che mi sono rifatto ampiamente la bocca
prima con la bottarga e poi con Lazio-Napoli, altre due squadre che ieri
viaggiavano a velocità non consentite per questa Fiorentina che è
rimasta invece con la bottarga aperta dopo aver pisciato fuori dal vaso
delle aspettative. E mentre la Juve non sbaglia la Fiorentina sbadiglia
un calcio sonnolento, senza un sussulto, un sprazzo, senza un cazzo, e
mentre le speranze dopo solo quindici minuti erano già volate via come
un razzo, ci siamo arrotati i denti con il pane duro come la realtà, un
tozzo di dura realtà. E se le bugie hanno le gambe corte e molli di
Pizarro, la verità le ha invece belle lunghe e affusolate, in grado con
due passi di portarci di fronte alla superiorità juventina. La verità è
spesso cruda come un sushi, in questo caso è persino depilata,
dall’andatura sicura anche se la classifica la costringe a camminare con
tacchi sedici come i punti che ci separano in classifica. E la partita
di ieri ci dice che ci sono tutti, proprio perché nel giardino del
campionato abbiamo fatto la figura dei nanetti. E Pizarro non ce ne
voglia.