“Senza donne saremmo più poveri e tristi”, Mattarella con questa dichiarazione apre di fatto al berlusconismo di Renzi. L’8 marzo deve però essere anche come l’olio di Argan, spalmato. Come i debiti della Lazio nei secoli dei secoli. Come un mutuo per la prima casa. Con gli interessi di una cartella di Equitalia. Non ci si può ricordare delle nostre compagne solo oggi, faremmo peggio di Alonso che ha perso la memoria degli ultimi vent’anni. E se si aggravano ancora le sue condizioni, alla fine diventerà Barrichello. L’8 marzo tutto l’anno sarebbe un’inculata solo per chi non è nato quel giorno. Miliardi di feste di compleanno saltate, come le verdure in padella con l'aglio, torte non mangiate e candeline non soffiate. E poi l’8 marzo tutto l’anno sarebbe il vero boom economico per le pizzerie. Un giorno solo invece lo dedicherei alla festa dell’uomo, il mese non saprei indicarlo, forse novembre perché è il mese dei morti, ed è risaputo che gli uomini muoiono prima delle donne, il numero però senz’altro il 74. Il simbolo della nostra festa l’amaro Averna, che racconta bene quanto siamo imbecilli, tutti insieme a recuperare il prezioso vaso. Mentre le donne, ammirate dalle nostre gesta, saranno orgogliose dei loro uomini che finalmente ce l’avranno fatta. Anche se loro hanno fatto prima a partorire. Gli uomini impegnati con il prezioso vaso, mentre le donne crescevano i figli, lavoravano, facevano carriera e caricavano la lavatrice. Una febbre a 37,5 forse sarà fatale al genere maschile come lo fu un asteroide per i dinosauri. Loro no, stoiche, continueranno a mandare avanti la famiglia mentre l’uomo si limiterà a svitare la caffettiera. Tanti auguri alle donne che sono molto più pratiche di noi, Audrey Hepburn in Vacanze Romane non voleva trovare il Principe Azzurro, ma una buona porchetta. Se gli uomini vanno in qua e in là alla ricerca di più scarpe dove mettere il piede, la vera donna no, lei va solo Diladdarno. Dove troverà lampredotto per i suoi denti. Denti bianchi che diventano sorrisi e che ci faranno innamorare. Noi tontoloni, eterni ragazzi, immaturi e ormai pelati ci aggrappiamo ancora e sempre a loro. Un mondo che sarà sempre più popolato da vedove. Più ancora di quelle di Prandelli. Perché noi siamo più fragili, ricordo l’ultima volta che mi sono ammalato, lei si accarezzò i capelli, mi mostrò la spalla e mi venne il raffreddore. Come si dice, malattie sensualmente trasmissibili.