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sabato 14 marzo 2015

Ci sono un egiziano, un napoletano e un pakistano


In questo sabato italiano racconto con lo stesso swing di Caputo, cosa è che ritengo ingeneroso per le orecchie, come lo è il gesso sulla lavagna a seconda dell’inclinazione, visto che si sono create delle dinamiche nelle quali appena possibile mi si lanciano frecciatine spesso colpendo il pensile della cucina. E la Rita che tiene tanto alla cucina mi chiede “Ma cosa cazzo c’entro io se i tuoi amici ce l’hanno con Montella?” Lei per salvare il salvabile (la betulla è delicata bisogna capirla. La Rita non la betulla) spera che arrivi uno tra Cosmi e Claguna. Al più presto. Perché non è che posso continuare ad attaccarci degli adesivi per nascondere gli errori di mira. Chiarisco quindi che è il modo più che i contenuti delle critiche, anche se spesso spaziano, pregne di concetti come panini imbottiti, fluttuano tra il tutto e il suo esatto contrario. Lampredotto e ketchup. Trovo ingenerosi certi modi, i toni sono perentori, emerge una supponente capacità di correzione dei presunti errori, che mi perdonerete se mi sembra un po' come un sugo pronto. Meglio un aglio olio e peperoncino preparato al momento, da preferire a proposito di aglio, agli stereotipi. Modi industriali di fare il sugo e il tifoso critico “perantonamosia”, che dopo l’uso dei toni perentori risulta il più ricco di fruttosio. Modi che mi ricordano tanto le persone che hanno i trolley con quattro rotelline, gente che cammina in modo altezzoso tra un aeroporto e l’altro. Tra un esonero e una sostituzione sbagliata. Chiarisco ancora che è tutto lecito, del resto in questo blog si fa largo uso di lecitina, così come in molti fanno uso di “Quattro salti in padella”. Una critica a portata di mano, sempre pronta in due minuti. In questo mondo dove la coerenza è come la soia, o come un fritto misto dove i calamari vanno a braccetto con la paranza, e nel quale vivo con la finestra sempre aperta (per via del fritto). Che al massimo mi costringerà a tenere aperto anche lo sportello del pensile. Fosse altro che per salvaguardarlo dalle traiettorie sbilenche. Secondo me gli stessi appunti, critiche, rimpianti, velleità tattiche tirate fuori dalla scatola del “Piccolo allenatore cresce” si possono fare utilizzando anche approcci diversi, ed il mio preferito è chiaramente quello meno serioso, l’esperienza serve a qualcosa. Forse sono stato condizionato da una ragazza di Pratolino che al primo appuntamento a Villa Demidoff mi disse che cercava un uomo serio. Così continuai a sgridarla ogni volta che si metteva a ridere. Ma capisco che non è intolleranza, è indole, carattere, DNA, e che non importa il colore della pelle, l’aspetto fisico o la religione, la mattina presto oppure quando il risultato della Fiorentina non è quello sperato, non si può fare i bischeri. Lo accetto. L’unico problema è che la Rita continua a dirmi che mi dimentico sempre il pensile aperto. Come se fosse colpa mia. Per me potete dire che l’allenatore non è bravo, ma lo potete fare anche in maniera meno decisa, tentando almeno di far credere all’interlocutore medio, a quello tatticamente meno coinvolto, che non ci credete, tanto costa uguale, così come potreste dire che anche Henry Potter non era bravo, ma solo il cocco dei professori. Sarebbe tutto diverso. Più umano. Come diversi siamo noi, il mio invito è quello di dare il tempo alle persone di poter crescere. E poi di non reagire alle fave come me esasperando ulteriormente i modi, ma cercando di capirne il diverso spirito, quello di chi reagisce con disincanto al posto di usare la rabbia, anche se riconosco essere un sentimento più consono al mondo del tifo. Siamo combinazioni cromosomiche disparate, che sembra una frase di una banalità estrema, disperate quando le cose non vanno bene, dove il concetto potrebbe essere addirittura allargato all’intolleranza, ma prima che mi bombardiate il pensile della cucina anche di sabato quando arrivano gli ospiti, spiego meglio cosa intendo per differenza. C’è una pakistana dal nome impronunciabile chi vince il Nobel per la pace a 17 anni. Io alla sua età manco mi facevo le seghe. E il pakistano lo fumavo.