L’immagine è di quelle forti, no, non è Montolivo che alza un trofeo. Anzi, a questo proposito ho visto un documentario sulle operazioni di recupero della Concordia, interessante l’intervento di un ingegnere navale che prima di dare il via alle operazioni spiegava attraverso una metafora calcistica quanto fosse macchinosa quell’operazione. Per far capire meglio alla maggioranza dei non addetti ai lavori spiegava che la nave ci avrebbe messo 12 ore per girarsi. Più o meno come Montolivo. L’immagine forte però riguarda Jordan, che con tanto di occhi iniettati di sangue, in Brasile, lontano da sguardi indiscreti, lo vedo piantare un grosso spillone nella schiena di Tatarusanu. E se torna davvero Neto, per me è un po’ come se tornasse Berlusconi. Anche se Silvio tra un patto e l’altro è rimasto sempre con noi, al nostro fianco, decaduto o no. Come una minaccia, anzi, come vero e proprio stalking, mentre quella di Jordan è magia nera. Ma così nera che rappa. Appena tornato da Avellino sono andato a casa del Bambi per capire come vivesse queste ore della vigilia. Alonso, Aquilani, Babacar, Badelj, Basanta, Borja Valero, Mati Fernandez, Mario Gomez, Gonzalo Rodriguez, Ilicic, Joaquin, Lazzari, Lezzerini, Neto, Pasqual, Pizarro, Richards, Salah, Savic, Tatarusanu, Tomovic, Vargas, i nomi dei convocati scritti con il cacao sulla schiacciata alla fiorentina di Giorgio, “E domani dopo aver vinto me la mangio tutta, così morirò felice senza scoprire chi cazzo è che pulisce più di Chanteclair”. Me l’ha detto con gli occhi della tigre, si, è carico, sicuro di vincere, e così ho cercato di sfruttare quello che mi sembrava un momento favorevole per chiedergli indietro la borsa falsa dell’ex moglie del Colonnello. “Tanto la usi solo per nasconderci il sacchettino e la paletta per raccogliere la merda di Can Bartù quando lo porti fuori”. Convinto com’ero anche dal fatto che quel vezzo di nascondere il prodotto interno lordo del suo cane, cozzasse da un punto di vista estetico con l’eskimo e ormai anche con il cattivo odore che ha impregnato le plastiche perché di pelle non c'è neanche l'ombra. Convinto che ci fosse un gesto di distensione. No, non era il momento giusto, anche se carico e già concentrato sulla schiacciata alla fiorentina di Giorgio, restituire il bottino anche quando sa di bottino non è una strada da percorrere comodamente seduti con il cambio automatico e l'avambraccio destro sul bracciolo. Non ci sente da quell’orecchio. Anzi, la bottiglia di Falanghina lo ha spinto oltre, mi ha fatto uno strano discorso a proposito del non sentirci. E’ partito dalla discoteca sostenendo che non è che non gli piace ballare, è che se per parlare deve strillare negli orecchi, allora preferisce andare a trovare la nonna. Lo lascio in pieno delirio da trans agonistica e vi racconto l’ultima cosa che mi ha detto ieri la signora dell’hotel di Materdomini prima di rilasciarmi la fattura sbagliata ( intestata a un certo Sales Manager). Mi ha chiesto se avevo mangiato bene a cena. Una scaloppina al limone che mi aveva gettato nel magma della salsina anni ottanta, peggio ancora del PowerPoint. Ha voluto difendere la genuinità, la generosità delle portate, il tutto abbinato a un prezzo veramente onesto che contraddistingue la cucina locale così come il terremoto del 23 novembre 1980. “Quando andate in un ristorante e pagate carissimo piatti inesistenti per provare la novella cucina, in Irpinia una nonna muore”.