Non è un’esigenza che riguarda solo una squadra di calcio quella di avere in rosa due giocatori per ogni ruolo. Ci sono presidenti più facoltosi che hanno anche una doppia personalità, la cosiddetta personalità multipla che ha ispirato una macchina della Fiat. Poi c’è il doppio gioco che non riguarda solo lo stretto ambito dello spionaggio, ma anche le due fasi di gioco di una squadra, c’è il doppio passo anche se è un po’ vintage, il whisky doppio di chi deve dimenticarsi di aver comprato una Multipla, e perché no anche il raddoppio, si, quel passaggio rassicurante dal primo al secondo gol. “Du gust is megl che One” recitava la pubblicità di un gelato. Doppio come il senso di marcia di certe strade democratiche che ti permette di tornare indietro andando in tasca ai sensi unici così troppo fascisti, doppio senso che può essere allusivo e diventare triple sec là dove c’è una corsia d’emergenza. Doppio come un multinick o come uno che ci vede doppio dopo aver bevuto il whisky doppio per dimenticare la Multipla. Doppio come il vantaggio della Nazionale di Conte sulla Norvegia, Che sia una patologia o una scelta più o meno condivisa con l’altra metà della propria personalità, andiamo comunque verso una società che ci costringe a recitare sempre più ruoli. Non è più come una volta che uno nasceva e moriva ragioniere, oggi non è pensabile che una persona consegni pizze finché morte non lo separi dalla propria amata Margherita. Non a caso ci sono contratti a termine, pensati proprio per consentire alle varie personalità di esprimersi in maniera più variegata. Un tempo il doppiogiochismo era un fenomeno presente solo negli statali che avevano tutti il doppio lavoro. Se possibile quindi, un giocatore lo si cerca capace di ricoprire più ruoli, un arbitro capace di fischiare più rigori al Milan, le poppe non a caso sono due e non una sola centrale. Magari più grande. La vicenda Cuadrado ci aveva fatto due palle, non una o tre. Il segno di vittoria si fa con due dita, che non è un gesto volgare come quello fatto con uno solo. Ieri alla porta del Bambi in via della Chiesa ha suonato un extraterrestre. Era verde, piccolo come Marin, con le braccia lunghissime e indossava uno strano scafandro. Il Bambi mi ha raccontato non senza un’agitazione diffusa, che quell’esserino lo ha guardato e gli ha detto: “Non temere, fratello, io vengo in pace”. E allora con grande emozione l’ha fatto entrare in casa sua. Hanno parlato a lungo del futuro dell’umanità e del fatto che nella nostra galassia esistono altri mondi abitati. Si, anche Borgognissanti. Poi ha cambiato discorso e quello che gli ha detto non gli è piaciuto affatto. E allora l’ha cacciato. Questi rappresentanti di aspirapolveri le studiano proprio tutte per farsi aprire la porta.