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lunedì 18 agosto 2014

Poesia per matti

Girano molte bufale e sindromi d’estate, soltanto sabato sera a Varsavia un appesantito tifoso travestito da Cristiano Ronaldo entra in campo e va a difendere su un calcio d’angolo, e qui la truffa per fortuna viene sventata perché l’imbolsito impostore si pettina solo 2 volte in 30 secondi. Insomma, se nasci Cuadrado non diventi Toldo, se sei centravanti boa come Gomez non potrai mai sgusciare fuori dall’area come un centravanti biscia. Il boa sta lì, staziona, non a caso quando hanno inventato il segnalatore galleggiante arancione hanno pensato di chiamarlo come il centravanti boa. Non sempre però il truffatore commette errori così marchiani, per non dire marchigiani, perché se la bugia ha le gambe corte, l'errore marchigiano ha invece i braccini corti, e poi d’estate c’è il problema atavico per non dire Triassico Superiore, della mancanza di uno schedario delle scadenze aggiornato che getta nel panico le persone più anziane, gli psicologi la chiamano sindrome del dinosauro, la paura cioè che ti scada una bolletta e quindi arrivi l’Ufficiale Giudiziario a portarti via prima Ljajic e poi Babacar. E per evitare questo pericolo c’è gente che pretende di fare il versamento addirittura tre anni prima della scadenza. Un problema non di poco conto perché innesca tutta una serie di problematiche che vanno dal calcolo presunto dell’importo da parte dell’ente erogante, a tutta una serie di meccanismi psicologici da parte del contribuente ansioso, che sfociano poi nel rimpianto del coccodrillo, il fatidico momento nel quale viene ritrovata la bolletta non ancora scaduta in fondo al cassetto della credenza, che scatena il contraccolpo psicologico di chi prende atto di aver anticipato una certa cifra abbondantemente prima dei tempi dovuti. A volte purtroppo la sindrome degenera, e allora per paura che scada lo yogurt si tende a mangiarlo prima ancora di averlo acquistato, ho sempre avuto un debole per chi soffre anche solo per il bollo auto. Solo ieri mattina ho visto i matti scendere dal pulmino bianco accompagnati come bambini in gita, una donna con uno strano cappellino e un signore con il riporto pettinato. Quei visi s’illuminano per un niente, presi per mano hanno lo sguardo dei figli, puntano il dito su tutto, anche sul tagliandino del parcheggio scaduto sopra cruscotti fermi come centravanti boa, il sole d’agosto che scende su donne senza trucco e senza inganno, risate acute come l’odore dello yogurt andato a male. Li ho salutati come si salutano i bambini, facevano ciao con la mano, mani che vedo dietro di me salire nel cielo come quaglie, qualcuno mi ha fatto le corna, la signora con lo strano cappellino d’iguane mi ha mostrato il dito medio. Anche un matto può scadere nella volgarità.