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sabato 16 agosto 2014

Il muro del rimpianto

Una volta se un giocatore era scarso tecnicamente lo si metteva davanti a un muro e giù a calciare per ore con la speranza che migliorasse, a conferma di un metodo grezzo ma abbastanza efficace, si è avuta riprova a Berlino dopo la riunificazione, quando cioè i giocatori mezzi e mezzi si son visti crollare soprattutto la speranza di migliorare certe sensibilità. E’ anche vero che là dove non è avvenuta nessuna riunificazione non sempre si notavano miglioramenti significativi, il muro del pianto insomma, e allora si diceva che il muro non sempre poteva fare miracoli. L’idea per una nuova metodologia decisamente risolutiva mi è venuta leggendo l’incredibile storia di Roger Frisch, un musicista professionista dell’orchestra del Minnesota che ha dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico per risolvere un problema neurologico che gli causava continui tremori alla mano, debilitanti quindi per il suo lavoro. Nel 2010, mentre si sottoponeva a un'operazione a cervello aperto in anestesia locale, ha suonato il violino proprio come Gilardino. Il cervello è privo di recettori del dolore, e così  mentre Frisch suonava il violino i medici hanno potuto individuare il punto giusto da stimolare con particolari elettrodi. L'intervento è perfettamente riuscito e Frisch è tornato ad esibirsi un mese dopo. E allora perché non applicare anche al calcio questo metodo di elettrostimolazione cerebrale, e una volta individuato un calciatore che ce l’abbia un cervello, si potrebbe andare a correggerne i difetti. Per abbattere il muro del rimpianto, molto egoisticamente ho pensato a Jakovenko e al rimpianto per l’investimento della Fiorentina, in modo da operarlo mentre tira in porta, e con l’uso massiccio degli elettrodi vedere di dargli un verso, per far si che possa mettere in mostra finalmente qualche qualità, o anche solo per fargli prendere almeno una volta la porta in tutta la carriera. Per quanto riguarda la moglie, invece, l’idea sarebbe quella di una stimolazione di tipo diversa.