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mercoledì 4 giugno 2014

Una vera icona


Oggi come sapete tutti molto bene sarà una giornata campale per il blog, e già mi sudano le mani, un altro motivo in più che mi convince a non usare i preservativi per certe mie pratiche in solitario. Perché già di per sé il preservativo tende ad aumentarne la sudorazione. Sono dentro ad una vicenda che per collocazione mi riporta alla mente un avvocato che ho conosciuto tramite amici, fortunatamente l’ho frequentata solo fuori dal suo ambito lavorativo. E lei aveva qualcosa di pubico che per me era molto ambito. Ci siamo piaciuti in maniera informale, naturalmente era il drpping una delle nostre cose in comune, come le gocciolature del naso tra un raffreddore e la voglia di andare oltre ad una storia scontata e soprattutto figurativa. Era oltretutto un vero e proprio punto di riferimento per i giovani laureati, non che fosse vecchia, tutt’altro, una bellissima donna sui 35, della quale non farò il nome per ovvi motivi di privacy della memoria. Punto di riferimento perché bravissima. Penalista. Ma in questo senso, con o senza preservativo non ho mai avuto il piacere di confrontarmi. In questo caso mi é mancato un po' di quel figurativo sano e peloso che mi ero figurato tra una fantasia e l'altra. Fuori dalle aule giudiziarie era molto piacevole, interessante, ricercata nel vestire come certi suoi clienti nel latitare. Alternava l'Acqua di Colonia alla colonia penale, la cellulite al cellulare della Polizia Penitenziaria, il vizio della beauty farm al vizio di form, l’oratorio del figlio al parlatorio del figlio di un affiliato dell’oratorio. Una donna dal fascino irresistibile, vestita di Armani difendeva gente invischiata in rapine a mani armate, con le scarpe di Prada percorreva chilometri davanti al Giudice per cercare di far passare il suo cliente da cacciatore a preda. E non certo come invece lo dipingeva il PM senza prima aver fatto mai nemmeno un acquerello. Amava avere sempre una borsa di coccodrillo nel suo guardaroba, non amava invece gli uomini con le borse sotto gli occhi, ne tantomeno quelli che piangevano lacrime di coccodrillo dopo aver compiuto crimini efferati. A me piaceva guradarla quando con la tuta e le scarpe da ginnastica rispondeva al telefono e subito rientrava nel suo ruolo, improvvisamente, dal sorriso disteso agevolato anche dai panini tartufati del Procacci, diventava severa, puntuale, lucida, incalzante. Ed ero sempre io a pagare il conto. Quel contrasto mi piaceva tanto, come mi piaceva quando per mettersi le scarpe usava il calzante. Nel suo studio c’erano tante giovani praticanti che la guardavano con occhi pieni di ammirazione, la differenza tra loro e me è che loro non avevano nessuna erezione. Capitava che passavo di lì a salutarla e allora scendevamo giù a bere qualcosa, amava tutto ciò che era francese, anche Platini, io preferivo la “francesina”, ho sempre avuto un debole per il lesso rifatto con le cipolle, lei era più attratta dalla soupe d’oignon, il nostro vero punto d’incontro era Parigi, per lei la capitale europea più bella, e per me Narciso, con tutto il significato che si portava dietro il suo inno. Ci siamo solo sfiorati, per mesi, un approccio garbato, avevo cominciato anche a fumare le Gauloises per darmi quello charme tipico d’oltralpe, lei allora guardandomi di tre quarti come fosse la Gruber mi diceva "Hai visto un Belmondo, puzzi di fumo e ti rimane il tabacco tra i denti, annerendoteli". Mangiavamo foie gras a tutte le ore fino a quando non ho prima ceduto il quinto dello stipendio e poi sono andato a finire in mano agli strozzini. Naturalmente i veri nativi di piazza Strozzi. Champagne a casse per non trombare mai, neanche una volta. E se per tutti quanti i giovani aspiranti alla carriera di avvocato lei era considerata un’icona, per me che ero semplicemente un’aspirante ad altre cose più torbide, si erano dimenticati una effe.