presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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giovedì 7 marzo 2013
Marketting
Il
modo di comunicare è decisamente cambiato negli anni, da quando usavamo
coriandoli di carta per salutare le formazioni, ad oggi che le le
telecamere ci frugano dentro alle emozioni, quasi in endoscopia,
disorientati come siamo davanti a display e al piatto fumante dello
spezzatino di tofu delle televisioni. E ognuno si difende come può,
Cassano quando se lo ricorda mettendosi la mano davanti alla bocca, e il
povero Garrone non ha avuto certo questa fortuna. Moggi usava le schede
telefoniche svizzere, Conte il telefonino per fare le sostituzioni
dallo Sky Box bypassando così squalifiche virtuali, Grillo fa le
Parlamentarie online e il PD le Primarie hotline decidendo con Bersani
di metterlo in culo al Paese. Non dico che Renzi fosse stata la
soluzione ideale, ma se avessero davvero voluto un candidato autorevole
in quel senso avrebbero potuto pensare almeno a Rocco Siffredi. I
giocatori comunicano su Twitter, le società rispondono all’Ansa mentre
ai tifosi viene l’ansia, monta anche se non c’è più Monti ma Viviano in
porta, tra comunicati del medico sociale, quelli del Giudice Sportivo,
fino a quando l’esercito di Radio Blu fuori dai campini non ci racconta
cosa ha immaginato dell’ultimo allenamento a porte chiuse, e a seconda
dell’umore di chi fa il collegamento la squadra risulterà più o meno
tonica, ansia che raggiunge il suo picco massimo però solo quando in
città arriva Ramadani. Anche la gioia per il gol nel tempo ha subito
trasformazioni importanti, alzare semplicemente le mani è diventato
ormai un modo superato, da quando si è preso coscienza che in Italia non
arrestano più nessuno, un atteggiamento ormai utilizzato solo durante
le rapine e solo se indispensabile, ovvero se c’è una qualche pistola
puntata alla testa. Sennò capriole, balletti, pollici in bocca, la gioia
omertosa di chi fa gol alla sua ex squadra, suggerirei a tal proposito a
Pizarro in caso di gol all’Olimpico di alzare la maglia per mostrare al
direttore di gara la tshirt con su scritto “arbitro
ammoniscimi”. I tifosi tendeno a naufragare non più nella classica isola
deserta ma in stadi sempre più deserti, e allora comunicano con gli
striscioni preventivamente autorizzati, che è come chiedere di fare
all’amore alla propria donna attraverso una raccomandata con ricevuta di
ritorno, striscioni che però danno almeno da mangiare a Militello come
le pentole a Mastrota, e i tifosi in cattività, quelli cioè davanti alla
televisione, loro comunicano attraverso i siti web e le radio, e così
chi è figlio unico può trovare un fratello, cugini e zie, basta
inventarsi nick su nick per far crescere la famiglia Viola come quella
dei falsi invalidi. Ci si scrive e ci si da ragione, ci si fa compagnia,
e come per il GPS, per capire di non essere d’accordo nemmeno con il
proprio pensiero facciamo la triangolazione del post per avere la
localizzazione di dove ci siamo nascosti per scrivere di nascosto. Il
primato dei comunicatori comunque non lo conquista Berlusconi, come
erroneamente percepito dall’immaginario collettivo, anche se a lui gli
avvisi di garanzia glieli comunicano di continuo, perché il più puntuale
e prolisso risulta per distacco essere sempre Equitalia. Un calcio che a
sua volta non comunica più passione, tra calendari cervellotici, crisi
economica, povertà tecnica e una bella spolverata di volgarità. Violenza
verbale e razzismo. Nell’era della comunicazione il calcio comunica
incomunicabilità, e per questo Delio Rossi pensò alla fine di risolvere
tutto con il linguaggio dei segni, cercando di lasciare segni sul viso
di Ljajic, forse perché a Firenze non era riuscito a lasciare altra
traccia.