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giovedì 19 gennaio 2012

L'amaro in bocca

E se c'è dell'amaro in bocca chi meglio di un vecchio volpone come Corvino, un uomo che ha naufragato una parte importante della sua esistenza lasciandosi spiaggiare su tavolate che ormai l'hanno sfigurato, chi meglio di lui può intendersi di amari. Perché l'amaro alla fine del pasto è consuetudine stantia, è retaggio di generazioni ingessate a tre o quattro cardini sui quali ruotavano abitudini grezze, di cui l'amaro era il biglietto da visita della mediocrità del campionario, che alla fine aveva mandato in cassa integrazione il gusto del buono ma anche del bello. Si perché non c'è cosa più volgare di una bottiglia di amaro, che altro non è stato che un Alfa Sud da bancone, perché chi lo beveva si sentiva un ganzo, uno che amava la guida sportiva, ma che dai oggi e dai domani s'è ritrovato i buchi di ruggine sulla carrozzeria e sul fegato. Un'infinità di offerte, una battaglia all'ultimo sangue per aggiudicarsi palati ruvidi e infeltriti, marci come banane mature. Nomi improponibili come i figli di Totti, nomi Unicum, e mi sono sempre immaginato un contadino della Basilicata costretto a parlare il latino per bersi un amaro. Petrus Bonekamp è stato per molti un motivo di grande mortificazione in famiglia, gente che prima di mettersi la coppola era costretta a farsi scrivere su un fogliettino dal figlio ragioniere, il nome dell'amaro preferito da consegnare al barista, con gli occhi bassi di chi non sa pronunciarlo. E l'amaro del Capo che annovera un solo cliente, che ne fece una rivalsa professionale, lui ultimo dei subalterni, fino all'alcolismo che lo portò al licenziamento. Ma come si fa a invogliare uno a bere l'amaro medicinale Giuliani, a parte che prima di aver finito di ordinare ti sono calate le cataratte e a quel punto cosa vuoi medicare più, e poi è come dire si va a fare una bella partita di calcio e si presenta uno che ti mette a terra uno di quei palloni medicinali che ho sempre odiato in palestra a scuola. O gioca vai! Amari alpini, ma le erbe chi le raccoglie se non ti puoi muovere in montagna, e se ti rimane per sbaglio un filo d'erba attaccato al pile c'è sempre un ambientalista pronto a denunciarti, amari dei frati quando dovrebbero pregare invece di ubriacarsi, fino al moderno Averna sospettato di rallentare i riflessi fino a degenerare nella narcolessia, visto che quei quattro tombaroli sono anni che cercano di mettere in salvo un vaso con un aereo che non precipita mai, e mi son sempre chiesto se l'hanno mai usato per espletare gli impellenti bisogni fisiologici causati proprio da anni e anni di quella sbobba. Del Cynar non posso dire niente da quando il testimonial è diventato quel genio di Elio, anche se quel tavolino in mezzo alla strada contro il logorio della vita moderna pre Elio, lo vedrei molto male oggi a Firenze sapendo che in giro c'è il cugino di Vargas. Si insomma, questo viaggio che spero vi risvegli ricordi che vorrete ampliare a completamento di questo acquerello, che alla fine è preferibile da bere che non uno qualsiasi degli amari a giro, dicevo di Corvino che da esperto frequentatore di bische del gusto ci ha servito questa volta un bell'amaro, almeno sembrerebbe, l'amaro Braulio, ma se l'amaro è Braulio però, non può essere proprio un amaro, primo perché in questo caso è dolce e se poi è Braulio è per forza Amauri, e quindi un braulio va detto anche a chi ce l'ha portato, perché è un amaro che se viene buttato giù, non dopo, ma per un tozzo di pane, diventa dolce per forza. Il meglio che poteva versare in un bicchiere che a molti sembra sempre mezzo vuoto se non addirittura crepato, proprio come la passione diventata cracklè. E di lui voglio ricordare quella strepitosa partita a Firenze quando giocava ancora nel Palermo, una magnifica giocata con partenza defilata quasi dal calcio d'angolo, con la quale si era bevuto mezza difesa versandoci calici di fiele, quelli si amarissimi. Di lui non voglio invece ricordare i capelli improponibili che vanno a rimpinguare il bottino delle indecenze di casa Viola, dalle alghe sfilacciate di Donadel, al cavolo cappuccio di Cerci, fino a chi usa optional come la passata che fa tanto collegio delle suore benedettine. Sui capelli di Behrami soprassiedo volutamente perché non amo la pornografia, e vorrei chiudere invece con una nota di buongusto, immaginando quella che sarebbe davvero una raffinata apparizione, un Corvino alla presentazione del giocatore, che indossi una di quelle tute attillate e con le righe bianche laterali, righe come quelle della divisa del Sergente Garcia per intendersi, che in molti in quegli anni usavano proprio per andare al bar a prendere l'amaro. Si insomma quella montagna d'omo con il toni attillato che sembra Superciuk, sarebbe impagabile per i della Valle e per Diego soprattutto, da farlo subito testimonial della Tod's. Sarebbe meglio anche dell'acquisto stesso di Amauri, che già comunque ci ha liberato di moviola Gilardino, sperando che con quei capelli non diventi la nostra nuova mocioviola.