presidio Diladdarno Slow Tifood, lampredotto e Fiorentina
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sabato 8 settembre 2012
Siamo tutti dei Peter Pan-china
La
passione per la Fiorentina ci ha visti spesso usare l’umore per
scendere in picchiata in fondo al canalone di una fede che però non teme
le slavine, slave o serbi come Mihailovich, perché abbiamo sette vite
come i gatti delle nevi, ci rialziamo sempre e prendiamo gli impianti di
risalita con l’entusiasmo sulle spalle. Si, passiamo dal deserto del
tartaro che si attacca sul lavoro del dentista e che ci svuota il
sorriso e lo stadio, a riempire la Maratona per vedere la Viola giocare
contro una squadra che si allena nel deserto. Si, un amore anche
brontolone, di quelli di vecchia data che usano il bastone e non la
carota per appoggiarsi sulla propria fede, di quelli con il carattere
indurito dagli anni, che scaracchiano risentimenti sulla propria
passione, un amore a fiammate, ma che non vedrà mai l’encefalogramma
piatto. Al massimo dell’incazzatura potremo averla guardata in maniera
un po’ distratta, forse per alcune partite votato persino scheda bianca,
Bianca come la divina Balti che di piatto non ci mostra
l’encefalogramma ma bensì il decolletè, bella, immensamente bella come
la Fiorentina, ma bisognosa del silicone come noi lo fummo di Salicone
nostro amato Presidente, quando dovevamo risalire dalla montagna di
categorie che avevamo sopra la testa dopo la disastrosa frana causata da
quell’elefante di un Cecchi Gori, che in preda allo zafferano barriva
fidejussioni all’impazzata ritto su due gambe, prima che ci
accorgessimo che non barriva ma barava, e un calcio durissimo ci arrivò a
noi in mezzo alle gambe. Abbiamo passeggiato per un po’ a piedi nudi
nel parco per colpa di quel porco, prima che i Della Valle ci
rimettessero ai piedi delle scarpe nuove, anche se qualcuno sul proprio
diario aveva appuntato che le scarpe quei due marchigiani lì ce le
volessero fare, il diario insomma di un tifoso dromedario o
semplicemente gobbo, uno di quei soliti vecchi brontoloni dei quali
avevamo accennato, di quelli che si specchiano sulla sputacchiera che fa
cassa continua, un modo per depositare l’incasso più simile a un
salasso, 24 ore su 24, incasso della reazione piena di saliva nel
guardare l’immagine decrepita di un certo tifo spazzatura. Oggi a parte
qualche episodio che evidenzia quanto poco sodio dimori in certe zucche,
siamo nella fase nella quale l’entusiasmo è al riparo dentro al rifugio
della passione, vista magnifica su una squadra costruita senza dolo e
per portarci in vetta, una sorte di Dolomiti che si stagliano sul
campionato, purple in the sky e Sky box, mentre le scatole girano agli
avversari insieme alla palla, e a chi oggi sale sul carro del bel gioco
trainato da Pizzarro, mentre aveva disegnato scenari di distruzione e
non le geometrie di Borja Valero. Adesso che ai brontoloni gli s’è
seccata anche la saliva e quando sputacchiano gli s’impunta la lingua al
palato, adesso che saltano le dentiere come le difese, non è più tempo
delle polemiche, perché è tornato il caldo insieme a Toni, e se le
polemiche si sciolgono al sole, non ci sono cannoni che tengano per
sparare neve artificiale, perché uscirebbero solo polemiche artificiose,
adesso è tutto tornato come prima, come quel giorno quando poco più che
adolescenti eravamo seduti insieme su quella panchina, perché c’è sempre
una panchina dove ognuno di noi si è innamorato della sua Fiorentina.