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lunedì 6 agosto 2012

Il convitato di pietra

Lo dicevamo quando il mondo Viola piangeva ancora la scomparsa della speranza, quando la curva era a pecorina aspettando uno sceicco qualsiasi per farsi penetrare, e per questo faceva battaglie di volgare stupidità, cercando di vendersi l’anima al diavolo in groppa ad un cammello, e al grido di “pezzo di merda” aspettava prona l’arrivo dell’uccello padulo. Oggi che la campagna di liberazione marchigiana sembra essersi esaurita lasciando dietro di se la fastidiosa sensazione di avere la sabbia nelle mutande, e visto come le truppe cammellate siano rinculate verso le retrovie della vergogna, lo diciamo con più forza, bisognava capire il momento della difficoltà nascosta al capolinea del ciclo prandelliano, si è pensato invece di dar fuoco alla stazione sposando la meschinità di certe teorie, fino a  trasformare la proprietà in un bersaglio da colpire perché colpevole di trame oscure avvolte dal disimpegno. E oggi lo possiamo dire che certa tifoseria non ci ha fatto proprio una bella figura, non tanto per la mancanza di pazienza, perché quella è di costituzione sugli spalti, ma è mancata soprattutto l’intelligenza nel saper leggere il momento in cui quelle difficoltà si evidenziavano, il contesto, la fine di un ciclo con tutti gli annessi e connessi, come le motivazioni non più sufficienti di certi giocatori, ma di difficile lettura, la mancanza di professionalità da parte di chi invece fino a quel momento si era comportato più che bene, errori di valutazione assolutamente possibili in un contesto difficilissimo come quello della ricostruzione di una squadra, e invece di capire ci si è fatti manipolare da correnti avverse ai marchigiani che hanno insinuato il dubbio della pontellizzazione, e quello che fa più dispiacere dire, purtroppo trovando terreno molto fertile. Responsabilità di due anni difficili in cui certamente la proprietà ha avuto le sua percentuale di colpe, che ha pagato, ma alla quale non si è più creduto con colpevole superficialità, e la Bice ha percorso le orme a ritroso di quella stupidità rinculata nelle retrovie, e proprio da Fiesole è partita sulle tracce della rigidità intellettuale Viola, percorrendo la Faentina fino a inoltrarsi sul Muraglione dove oggi quella comunità vive in riserva come gli Apache, ed è lì che la Bice ha ritrovato i picchi di quell’elastica visione. Con la foto di copertina ci mostra il rappresentante di questa comunità che cerca di difendere le prerogative del tifo cieco, contrario al progresso e non certo supportato dall’intelligenza, e con il suo scatto la Bice vuole evidenziarne lo sguardo sorpreso dalla campagna acquisti, e soprattutto la pelle indurita da una pontellizzazione mancata, una comunità quella degli antidellavalliani che sembra come irrigidita dagli eventi, e che per questo si è fatta tatuare l’intersezione delle righe dell’area piccola, per ricordare il legame ancora forte con il calcio e il rigore morale da prendere a calci come un calcio di rigore, quello per intendersi del loro più grande esponente, che chiamandosi Pietro mostra la faccia impietrita dal rilancio marchigiano