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domenica 13 maggio 2012

Il calciucco


Siamo alla fine di un campionato che per ingredienti somiglia molto a un calciucco, e non lo dico perché influenzato dal respiro del mare che si appoggia sulla Terrazza Mascagni, lo dico invece per gli ingredienti cosiddetti poveri di soddisfazioni, che purtroppo nel nostro caso lo hanno composto. Mi viene in mente JoJo per esempio, unico crostaceo, a volte accompagnato dall'altro però molto più crostino di un Cerci, tra i molluschi emerge flaccida la stagione di Montolivo, capace di svariare tra partite mence come seppie e tiri da giocatore che ha sempre il polpo in canna, e poi se la nostra stagione è orfana di gioie o giù di lì, lo è perché è stata stagione scorfana, abbellita solo dalle cicale di mare e non, ma che abbiamo pubblicato solo noi. Il nostro calciucco è stato messo a cucinare ovviamente in tempi diversi, a seconda del tempo di cottura richiesto dal pesce, che fosse troppo duro come Sinisa, oppure da pescatore vero come Delio, che i suoi migliori colpi gli ha inferti sui polpi come Ljajic sbattendoli bene bene sulla panchina come fosse uno scoglio, e quando ha parlato di lacrime e sangue, lo ha fatto riferendosi alla salsa di pomodoro, una stagione quella che è stata, alla fine adagiata su fette di pane abbrustolito, alcune bruciate come quelle cinque che ci hanno fatto a fette, agliate, che ti ritornano in gola per sempre, e poste sul fondo del piatto e della nostra storia. Il nostro calciucco è l'amalgama di una squadra che non è riuscita mai a trovarla quella benedetta amalgama, e poi potremo pensare all'editto della Repubblica Fiorentina che proibiva di friggere perché l'olio serviva per alimentare la luce del faro, e allora si sarebbe inventato il calciucco che ne contiene pochissimo, se non fosse però che il nostro faro JoJo è stato fisicamente troppo intermittente, e che se qualche frittura ce la saremmo mangiata anche volentieri, avremmo fatto volentieri a meno, invece, di qualche grande frittata, una su tutte la sconfitta interna con la Juve. A parte le ipotesi più stravaganti o le leggende come quella che Montolivo non fosse già d'accordo di andare a tuffarsi nello zafferano, il nostro calciucco è un piatto realizzato con gli avanzi del pesce invenduto, quello della mancata rivoluzione insomma, il nome è probabilmente di origine turca, un termine impronunciabile come del resto il nome di Zeman, che starebbe a significare “di piccole dimensioni” in riferimento ai piccoli pezzetti che compongono la zuppa, come anche alle soddisfazioni molto piccole che ci siamo tolti quest'anno Poi c'è l'ipotesi che il nome provenga dallo spagnolo, come quella di un Luis Enrique sulla panchina Viola, o addirittura vietnamita introdotta dai marinai di ritorno dall'Estremo Oriente, dove i Della Valle fanno affari d'oro. Ma il vero nostro problema comunque, mentre ci accingiamo a salutare la squadra nella sua ultima partita con il Cagliari, non è stato tanto quello di aver mangiato un calciucco in questa stagione, perché è un piatto meraviglioso se fatto bene, ma soprattutto meraviglioso se è un vero calciucco, perché a noi è successo la stessa cosa che aveva fatto insorgere i livornesi con a capo il sindaco, quando ci fu un sollevamento popolare come da noi una contestazione, loro a difesa del nome, e da noi perché quello che ci hanno fatto mangiare è quello surgelato della Buitoni, e mentre Livorno è riuscito a togliere dalla dicitura sulla confezione “alla livornese”, a noi è stata tolta la passione. Non a me. Grazie a tutti per gli auguri.