Siamo
alla fine di un campionato che per ingredienti somiglia molto a un
calciucco, e non lo dico perché influenzato dal respiro del
mare che si appoggia sulla Terrazza Mascagni, lo dico invece per gli
ingredienti cosiddetti poveri di soddisfazioni, che purtroppo nel
nostro caso lo hanno composto. Mi viene in mente JoJo per esempio,
unico crostaceo, a volte accompagnato dall'altro però molto
più crostino di un Cerci, tra i molluschi emerge flaccida la
stagione di Montolivo, capace di svariare tra partite mence come
seppie e tiri da giocatore che ha sempre il polpo in canna, e poi se
la nostra stagione è orfana di gioie o giù di lì,
lo è perché è stata stagione scorfana, abbellita
solo dalle cicale di mare e non, ma che abbiamo pubblicato solo noi.
Il nostro calciucco è stato messo a cucinare ovviamente in
tempi diversi, a seconda del tempo di cottura richiesto dal pesce,
che fosse troppo duro come Sinisa, oppure da pescatore vero come
Delio, che i suoi migliori colpi gli ha inferti sui polpi come Ljajic
sbattendoli bene bene sulla panchina come fosse uno scoglio, e quando
ha parlato di lacrime e sangue, lo ha fatto riferendosi alla salsa di
pomodoro, una stagione quella che è stata, alla fine adagiata
su fette di pane abbrustolito, alcune bruciate come quelle cinque che
ci hanno fatto a fette, agliate, che ti ritornano in gola per sempre,
e poste sul fondo del piatto e della nostra storia. Il nostro
calciucco è l'amalgama di una squadra che non è
riuscita mai a trovarla quella benedetta amalgama, e poi potremo
pensare all'editto della Repubblica Fiorentina che proibiva di
friggere perché l'olio serviva per alimentare la luce del
faro, e allora si sarebbe inventato il calciucco che ne contiene
pochissimo, se non fosse però che il nostro faro JoJo è
stato fisicamente troppo intermittente, e che se qualche frittura ce
la saremmo mangiata anche volentieri, avremmo fatto volentieri a
meno, invece, di qualche grande frittata, una su tutte la sconfitta
interna con la Juve. A parte le ipotesi più stravaganti o le
leggende come quella che Montolivo non fosse già d'accordo di
andare a tuffarsi nello zafferano, il nostro calciucco è un
piatto realizzato con gli avanzi del pesce invenduto, quello della
mancata rivoluzione insomma, il nome è probabilmente di
origine turca, un termine impronunciabile come del resto il nome di
Zeman, che starebbe a significare “di piccole dimensioni” in
riferimento ai piccoli pezzetti che compongono la zuppa, come anche
alle soddisfazioni molto piccole che ci siamo tolti quest'anno Poi
c'è l'ipotesi che il nome provenga dallo spagnolo, come quella
di un Luis Enrique sulla panchina Viola, o addirittura vietnamita
introdotta dai marinai di ritorno dall'Estremo Oriente, dove i Della
Valle fanno affari d'oro. Ma il vero nostro problema comunque, mentre
ci accingiamo a salutare la squadra nella sua ultima partita con il
Cagliari, non è stato tanto quello di aver mangiato un
calciucco in questa stagione, perché è un piatto
meraviglioso se fatto bene, ma soprattutto meraviglioso se è
un vero calciucco, perché a noi è successo la stessa
cosa che aveva fatto insorgere i livornesi con a capo il sindaco,
quando ci fu un sollevamento popolare come da noi una contestazione,
loro a difesa del nome, e da noi perché quello che ci hanno
fatto mangiare è quello surgelato della Buitoni, e mentre
Livorno è riuscito a togliere dalla dicitura sulla confezione
“alla livornese”, a noi è stata tolta la passione. Non a
me. Grazie a tutti per gli auguri.