.

.

giovedì 24 gennaio 2013

3

Forse ci siamo. Si ricominicia a godere. All’alba di una trasferta che dovrebbe risultare preziosa come un tartufo d’Alba, siparietti o non siparietti dei soliti reietti, siamo alla ricerca di una vittoria la cui assenza è ormai datata come Alba Parietti. L’odore sembra quello buono di un tartufo bianco da non confondersi però con il puzzo che viene fuori da un risultato in bianco. Come dicono quelli bravi il trend sembra invertito dopo la bella prova di domenica, e se è vero che non ha costituito niente di straordinario ma un solo punto, ha staccato almeno un certificato di sana e robusta costituzione. La squadra c’è, anche Larrondo ha già visto Firenze sullo sfondo, Vecino è passato sotto l’Arco di San Pierino mentre Wolsky sfrecciava sul Viale dei Mille sopra un Sulky. Che si ricominci da tre allora, come Troisi, e con i sorrisi al posto dei troiai per niente condivisi di certe cose scritte solo per rizzare questioni che invece andrebbero tenute ancora nel cassetto di chi ha a cuore la questione stadio e non di chi invece vorrebbe fare in modo che tutto finisca nel cassonetto. Tre come i tre punti dei quali sentiamo la mancanza come del cibo quando l’eco diventa troppo forte nella panza, la stessa mancanza che sente il fedigrafo della su’ ganza e la sposa quando fiinisce la festa e si spoglia di tutta quell’organza. Tre come gli uomini nuovi che speriamo non siano quelli delle barzellette, anche se nel nostro caso non c’è l’italiano, il francese e il tedesco, ma un argentino, un uruguayano e un polacco. Tre come gli uomini in fuga con Louis de Funès, come i fuggiaschi Della Rocca, Olivera e forse Viviano, mentre per i profeti del ridimensionamento quel Funès lì potrebbe essere strumentalizzato e diventare Funes Mori con scappellamento a destra forse antani come specchietto per le allodole prematurato solo per evidenziare i mancati investimenti dei pontellizzatori, quel Rogelio che fa rima con Delio portato in trionfo mentre tra uno stonfo e l’altro a Firenze ha fatto solo un bel tonfo. Tre come il numero perfetto, Montella, Macia e Pradè ma anche come il gioco delle tre carte di chi usa la tessera sanitaria, quella della Coop e quella di Sky per fare apparire improvvisamente quella da giornalista, e il problema a quel punto diventa lo streaming che si blocca come appunto la dismissione dei Della Valle oggi improvvisamente ravveduti solo grazie ai profeti dei feti, quelli degli investimenti buttati nel cassonetto dai marchigiani, profeti che con la loro denuncia hanno permesso di ricaricare la pagina, far ripartire così l’immagine e infine il progetto. Come per incanto. Mentre qualcuno propone che certe tessere di giornalista vadano messe all’incanto, magari rilanciando come all’asta di Montolivo, o se asticella, meglio se messi direttamente in cella. Si, gennaio sta finalmente sfilando via come certi indumenti che una volta arrivati al capolinea aprono scenari importanti come le coppe più importanti, o per chi preferisce misure più contenute, stanno dentro alle coppe di champagne, che permettono soprattutto l’apertura delle gambe che a loro volta permettono l’accesso ai tre punti fondamentali che fanno classifica oppure fanno di meglio se senza “classi”. Il punto di ritrovo è davanti alla Porta del Paradiso che è come quella del Battistero ma che non è affatto un mistero anche se dentro c’è un gran nero e non bisogna avere paura, per arrivare poi al mitico punto G e da lì alla tipica contraddizione in essere all’italiana che si esplica proprio dentro alle passere, che è un punto fermo assoluto ma che consiste per l’appunto nel muoversi quando si è dentro, un punto fermo nel quale più ti muovi e più godi. E allora muoviamoci e andiamo a prenderci questi tre punti, sennò si diventa ciechi.