All’Is
Arenas la Fiorentina scende in campo con lo stesso ventre molle del
flaccido Lello Arenas, con battute di gioco però che non fanno ridere
nessuno, o almeno non i tifosi viola, ma è forse vero che il programma
del fair play prevedeva il rispetto per la scomparsa di Jannacci e di
Califano, e così per onorare soprattutto gli eccessi del poeta di Roma,
per ricordare il Re della notte, la Fiorentina sceglie la notte fonda di
una partita senza gioco. Una partita sulla quale, a differenza della
lapide del Califfo, ci auguriamo vivamente non ci sia scritto “non
escludo il ritorno”. Mentre Napoli e Milan scelgono di onorare
Jannacci, e visti gli studi del cantautore milanese, si candidano a
tutti gli effetti per il dottorato Champion. La Fiorentina non fa il
salto di qualità, ma fa invece quello della quaglia, una sorta di coito
interrotto per ritirarsi un attimo prima di mettere incinta un sogno
senza avere la maturità giusta per portarne avanti la gravidanza. La
partita è stata troppo deludente, non è valsa neanche l’amido del mio
spaghetto con la bottarga, perfettamente al dente, partita che invece ci
ha lasciato addosso il fastidio dell’umido, quello che ti si appiccica
come un lavavetri. E allora pensiamo alla salute, alla Pasqua che
fortunatamente non ha niente a che fare con i cross sbagliati di un
esterno sinistro, ma penso invece allo scoppio del carro, che per noi
oggi non sarà quello dei vincitori su cui salire felici, ma se quel
brindellone di Toni non ci ha salvato dal naufragio della spiaggia del
Poetto, ci rifaremo con quello più familiare la cui sagoma scomparirà
tra i fumi e gli scoppi, forse come le speranze di riagguantare le due
che hanno scelto di onorare la memoria di Jannacci, mentre noi gli
eccessi di Califano eccedendo però solo nello squallore della
prestazione, senza la poesia non dico di un duetto tra Jovetic e Ljajic
ma almeno di un ”minuetto” come quello scritto per Mia Martini. Usciamo
dai fumi di questa sconfitta che per qualche attimo ci nasconderà i
marmi del Battistero e del Campanile di Giotto, e dopo che dal volo
della colombina avremo tratto gli auspici sull’andamento della partita
con il Milan, ci sarà una grande esplosione di gioia che conclude le
privazioni quaresimali e cagliaritane. E per un periodo tradizionalmente
magro come la Quaresima, sarebbe cosa buona e giusta consumare la
tipica ribollita, una zuppa a base di fagioli, cavolo nero, cipolla,
pane raffermo e dopo una prima cottura, ribollita. Si, insomma, s’arriva
lì e poi ci si caca addosso. Sempre la solita zuppa. E allora un filo
di olio a crudo e pepe. Mi raccomando. Buona Pasqua.
.
domenica 31 marzo 2013
sabato 30 marzo 2013
La giurisprudenza dell'ora
Era
ora!! E non solo di quella legale che ci regala giornate più lunghe e
un jat lag pari a quello di un viaggio sulla FI PI LI
Navacchio-Scandicci, ma del campionato, e di usare quindi la convenzione
di avanzare tre punti in classifica prima ancora delle lancette
dell’orologio. L’introduzione dell’ora legale, come del resto anche
l’invenzione della vittoria in trasferta e ultimamente anche
l’esplosione di Cerci si devono all’acume di Prandelli, lui moralmente
ligio, tenero come Topo Gigio, e che è sempre stato sensibile al
risparmio energetico, ai tre punti, all’ala destra che fa il terzino e
soprattutto all’adozione di un solo capo di abbigliamento nel proprio
guardaroba che abbia la stessa filosofia di un vino a tutto pasto. La
sua muta da sub è infatti reinterpretata durante la giornata, che
riadatta come già sappiamo esaltandosi nel suo ormai famosissimo
capospalla preferito, quel cappottino strinto che tutti i diving del
mondo gli invidiano più ancora dell’ordine in campo delle sue squadre.
All’Is Arenas sarà anche l’ora del silenzio, probabilmente anche quella
di un giudizio più preciso sulle possibilità della Fiorentina di
aspirare all’Europa che conta, e voglio sperare anche quella di Mati
Fernandez. prima che la sua esperienza Viola tramonti e che Montella, a
proposito dell’ora non scelga il Purgatorio per il cileno e invece di
inserirlo in formazione gli faccia sapere appunto “Era già l’ora che
volge il desio”. E a noi “navicanti” dentro la passione Viola, oggi
l’unica cosa che “’nteneriscre il core” sono i tre punti a Cagliari, la
bottarga a pranzo, e poi che l’ora legale faccia pure il suo corso, il
Milan il ricorso e Galliani il concorso per la faccia di merda
dell’anno. Perché la tempistica dell’AD rossonero sull’argomento Is
Arenas è ributtante come una pianta dopo la potatura del senso del
ridicolo, ma evidentemente per Galliani non c’è ora legale che tenga
perché per lui è sempre l’ora della vergogna. Ma per noi oggi è anche
quella di stare molto attenti alla squadra sarda, basta guardare i suoi
numeri del 2013, le vittorie in assenza di pubblico, per tenere alta la
concentrazione e non pensare che uno stadio a porte chiuse sia il
lasciapassare per una facile vittoria, quindi concentrazione alta e
atteggiamento giusto, una preghierina a Prandelli prima di scendere in
campo e poi il salto triplo che alimenti tutte le paure di quel Galliani
che domenica prossima dovrà venire a Firenze a constatare quanto la sua
corsa Champion sia stata falsata da una sconfitta che farebbe il paio
con quella dell’andata. Del resto per noi tifosi, e la seconda foto
esprime proprio questo concetto, è sempre l’ora della vittoria.
venerdì 29 marzo 2013
A porte chiuse
All’Is
Arenas i panni sporchi di Cellino si laveranno in famiglia,
rigorosamente a porte chiuse, e chi meglio di noi esperti del ramo
poteva presenziare all’evento, noi, che lo stesso Manzoni, anche lui
grande esperto in rami, ci aveva indicato come coloro che avevano lavato
la lingua italiana in Arno. Ci sarà solo la signorina della Tide ad
accoglierci, lei a rappresentare lo sponsor della manifestazione “il
calcio a porte chiuse”, la vera risposta piccata del mondo del calcio a
quello della grande distribuzione che invece adotta una strategia
commerciale spericolata, aggressiva, fondata sull’apertura
indiscriminata dei centri commerciali che vedrà la Conad addirittura
aprire per Pasqua e per il Lunedì Dell’Angelo. Alla manifestazione “il
calcio a porte chiuse” aderirà inviando una sua delegazione di ex con a
capo Garella, scelto perché se anagrammato fa quasi galera in onore di
Cellino, anche l’associazione dei portieri, visto che per loro diventa
un obbligo professionale quello di cercare di chiudere il più possibile
le porte a prescindere dall’inagibilità degli stadi. Parteciperà come
amico di famiglia il secondino di Cellino, il cappellano del carcere, e
prima della partita sarà liberata a centrocampo un po’ d’ora d’aria da
una bottiglia nella quale il Presidente del Cagliari ha voluto chiudere
anche l’aria per non essere da meno dello stadio, un gesto che è
soprattutto un messaggio polemico alla Federazione, non tanto per
dimostrare che dentro a uno stadio chiuso siamo comunque all’aperto e
che quindi non ci può essere un’aria viziata, ma che invece, al chiuso
di uno stadio c’è sicuramente un campionato falsato. Attenzione alle
ammonizioni, i diffidati dovranno gestire bene la partita per non
saltare quella successiva, vista la difficoltà aggiuntiva introdotta per
l’occasione a Cagliari, il divieto cioè di effettuare tunnel per il
rispetto di tutto ciò che dovrà essere necessariamente chiuso, quindi
anche le gambe pena l’ammonizione. Tutti i sardi della zona hanno voluto
precisare che le gambe delle loro signore non saranno coinvolte nella
serrata generale, e anche se abituati ormai alla solita musica dello
stadio chiuso reagiranno trombando liberamente e mangiando la carta
musica. Firenze risponderà con la chiusura della Porta San Frediano
durante lo svolgimento della partita, lasciando così la fiorentinità
fuori dalla sua parte più popolare, e anche gli abbonati che vanno fissi
a mangiare il lampredotto in Piazza de’ Nerli saranno dirottati a Porta
Romana da Marione, passando dal Viale Petrarca. A Cagliari, in deroga
speciale all’evento dovrebbe invece avere via libera Mati Fernandez, che
secondo le previsioni del ”CCISS viaggiare informati” dovrebbe aprirci
le porte in direzione Champion League.
giovedì 28 marzo 2013
La fattoria del campionato
Rituffiamoci
nella fattoria del campionato e nella tradizione che vedrà la
costoletta d’agnello probabilmente farla da padrone, come del resto
speriamo lo possa fare anche la Fiorentina in Sardegna magari proprio
con Pasqual, anche se la sua tradizione racconta una fase difensiva che è
più roba da maiali, e che per questo trova terreno fertile in una terra
dove il porceddu fa spesso rima con Pusceddu o Cuccureddu. In Sardegna
per farla da padrone quindi, perché si sa che l’occhio del padrone
ingrassa il cavallo, che spesso scalpita in mezzo a due avvenimenti. Per
esempio una sostituzione può essere effettuata a cavallo tra il primo e
il secondo tempo, e poi c’è il pony che nel calcio è invece il cavallo
piccolino dei pantaloncini che molti portano addirittura calati per
abbassare ulteriormente il livello del buongusto. Intanto il volo
dell’aquila laziale sembra pericolante come molto lo è ancora in quella
più martoriata d’Abruzzo, il biscione nerazzurro striscia sul fondo del
fair play finanziario e se la dovrà vedere con la zebra che al contrario
sembra essere l’animale più in salute, o comunque in grado di volare al
posto di chi lo dovrebbe fare per costituzione alare. Poi c’è il Milan
che ci aspettiamo possa frenare da un momento all’altro sui tornanti
della partita di ritorno col Barcellona che dovrebbe aver lasciato
nausee e che comunque dovremo buttare giù noi nella curva a gomito
successiva. Il Napoli incarna perfettamente la figura del somaro con
Mazzarri e De Laurentis, potrebbe riportare debito formativo all’esame
finale della classifica , tutto a nostro vantaggio. Il toro sta
esaltando il nostro Dominguin di Valmontone mentre il grifone soffre
l’alito pesante del suo presidente, e tra tutti gli animali che abitano
la fattoria del calcio, vorrei non dimenticare l’avvoltoio Marotta, e
quel cane arrabbiato di Conte, il tutto contornato da un randagismo
comunque accentuato presente in Lega. Sono in ritardo, vengo da una
giornata interminabile dove il fango l’ha fatta da padrone, della stessa
consistenza del Das e del Pongo che usavamo da bambini per modellare i
sogni di scudetto. E con il fango di un cantiere sulla A14 ci ho fatto
un uovo di Pasqua dove ho inserito la bella sorpresa di una vittoria in
terra di Sardegna che è meglio del fango, mentre per rimanere in tema, nella fattoria del
calcio oggi mi colloco come da foto. E allora vi presento il mio lento
risveglio.
mercoledì 27 marzo 2013
Al culo ci tengo
Una
rondine non fa primavera, come una targa affissa accanto a un nick strampalato non
può fare certo un moderatore serio, e infatti piove e fa freddo. E a voi
ci vorrebbe più un Guetta o al limite un Tenerani, anche se non proprio inappuntabile come sempre, ma anche solo
con la tuta da ginnastica, professionisti che di voi comunque non si
laverebbero mai le mani ammantando scuse. Perchè la primavera è lontana e
io non ho visto una sola partita, non ho potuto seguire la discussione
di ieri, e sto partendo per Ancona, insomma, uno che alle cinque di
mattina invece di darvi conto sulle nazionali e sugli uomini della
Fiorentina sparsi in mezzo mondo pensa solo a quello che sarà un buon
brodetto, dopo che ieri si è distratto su una bistecca in San Frediano, e
dopo aver sbirciato con supponenza che Balotelli ha messo a segno una
doppietta, e soprattutto dopo essersi perso la mis di Prandelli, una cosa che
i devoti del calcio non dovrebbero permettersi. Mai. Sul blog di
Davide, immagino, che un giubbottino di Prandelli possa accendere
approfondite discussioni, ed ora che Toni è stato messo a sedere e la scommessa degli otto gol langue, Davide che è sempre sul pezzo come il Dorfino ne lancerà subito
un’altra, forse su quale sarà la collezione primavera-estate di Cesare e su
questa scommettere un panino col lampredotto da Marione a Porta Romana.
Un disinteresse il mio verso l’attillato mondo del CT che non fa onore a
un moderatore che si rispetti, targa o non targa, iPad fottuto o meno
di un Sopravvissuto inculato nelle pastoie di un aggiornamento
selvaggio, e che dovrebbe almeno saper rispondere se quei vestiti si
appiccicano addosso solo perché pregni di umidità o perché è un disegno
malvagio di un taglio sartoriale scaturito dalla rabbia di un esodato
dalla Cressi Sub. So per sbaglio che Mati dovrebbe aver giocato da
titolare col suo Cile, e allora spero di poterlo riproporre a Cagliari
in un centrocampo che non perda le sue caratteristiche, che la
Fiorentina possa vincere proprio grazie a un gol del cileno e che ci si
possa presentare col Milan in piena corsa Champion tanto per regalare la
giusta accoglienza a Montolivo. Sto lottando con l’orologio a muro che
mi guarda senza un attimo di pace, e allora devo confessare di essere un
conduttore troppo distratto dalle cose della vita, che spesso sono pure
femmine, anche se oggi sono travestite da appuntamento alle sei e mezzo
a Firenze Impruneta, una volta Certosa senza aver capito ancora il perché di questo cambio, e neanche con una bella fica,
Ancona, si va bene, A, che potrebbe sembrare più donna di Como, O, ma vi
assicuro che non è così, perché dietro ad un’apparente città a cosce
larghe c’è sempre lo sguardo severo del monte Conero,O, che te lo mette
in culo se invece di pensare a quello che devi fare, stai lì a pensare
alle discussioni su un blog che tanto non moderi mai nemmeno quando sei
attento. No, non è la solita scusa per non prendermi le mie responsabilità,
ve lo assicuro, vorrei seguirvi ma al mio culo ci tengo troppo. E il
Conero non scherza.
martedì 26 marzo 2013
L'età dell'oro Saiwa
Essere
o non essere, dipendenti da Pizarro nel nostro caso, that is the
question, che a Firenze è un fare questione di burbera quotidianità.
Sembra proprio questa la domanda amletica di mercato e di futuro, se ci
sarà sempre lui o chi comunque sarà il suo vice. Piccoli Pizarri
crescono, sembra questo l’obiettivo, rincorrerli in giro per l’Europa,
“to be, or not to be”, ma senza che siano inafferabili come lo struzzo
to Beep Beep or not to Beep Beep. E senza mettere la testa sotto la
sabbia come lo struzzo se mezza Europa corteggia Jovetic, perché sarà
lui o non sarà lui a fare coppia con Pepito, oppure l’italo americano sarà
solo il suo sostituto, che alla fine potrebbe essere anche Ljajic, che
intanto, in mancanza di Rossi è proprio lui a fare quella strana coppia che ha rottamato Toni, Larrondo e Mounir.
Insomma la solfa è sempre la stessa, ci vogliono undici titolari e
altrettanti giocatori che per ruolo non facciano rimpiangere i primi
quando chiamati in causa, che costino il giusto e che accettino il ruolo
di comprimari. E intanto le rose crescono e il monte ingaggi lievita
come il debito pubblico, la gestione del gruppo diventa complessa, e
insieme al patentino oggi a un allenatore viene richiesta anche la
laurea in psicologia, per capire, per motivare, visto anche anche il numero
delle partite cresce, e lo fa allo stesso ritmo dei trombati della vecchia politica, per capire se fare
turn over, oppure game over come le nostre squadre nel ranking europeo. Intanto le televisioni dettano il calendario e i
direttori sportivi sono costretti all’Erasmus in giro per il mondo per
trovare sostituti dei sostituti che intanto, diventati titolari, vengono
fagocitati dalle solite quattro che offrono milioni di milioni come le
stelle di Negroni, stelle costrette ad affrontare il problema
razzismo con gli ululati, con Boateng scelto tra i Negroni per andare a
fare un discorso alle Nazioni Unite, mentre certi tifosi preferiscono
andare alle Cantine Riunite dentro alle quali sognano Zamparini che ha
preso il taxi per andare in via Condotta e da lì, la seconda a destra
verso la via cadetta,
mentre Preziosi ha ottanta giocatori a libro paga e Cellino sconta il
destino di un cognome che lo ha portato inevitabilmente in cella. E nel
marasma di una crisi che ci soffoca come l’asma, Firenze sembra essere
un isola felice in mezzo alle pontellizzazioni di Milan e Inter, dove
potrebbe addirittura trovare lo spazio per pensare in grande, cantando
“cittadella di luna, cittadella color latte”, tanto per dare una mano
anche alla Mukki che è da sempre il rifugio peccatorum dei nostri Oro
Saiwa. Solo una nota triste, e non la suono per ricordare che la Samp ha
deciso di richiamare Delio Rossi, il peggior esempio di calcio malato
degli ultimi vent’anni, ma la voglio suonare per un sex symbol sulla via
del tramonto, che mi ricorda un po’ la nostra situazione di tifosi
sospesi mentre Pizarro decide in fondo al corridoio della propria
carriera se mettersi le pantofole, e allora penso a tutte quelle donne
che hanno fantasticato notti magiche con Banderas, notti di Champion di
quelle con qualcosa di diverso dalle grandi orecchie, comunque con con
qualcosa di altrettanto grande, oggi impegnato ad accarezzare la pietra
dove si macina la farina per fare le Macine, oppure novello San
Francesco parlare con le galline. Un “sonato” ormai più di Cassano, più
di un pugile “sonato”, e allora mi prende un groppo in gola pensando che
almeno Banderas ha messo la carriera sullo sfondo della ruota del
Mulino Bianco, mentre Montolivo anche lui alle prese con la farina e non
solo quella del suo sacco, è costretto ad usare la farina del diavolo,
che come si sa finisce in crusca. La crusca del Berlusca.
lunedì 25 marzo 2013
Mitili a centrocampo
In
una stagione palpabile come Scarlett Johansson rimane sospesa una sola
domanda, che però ogni tanto ribolle, sospesa e leggera come la danza di
Bolle, una di quella che nasconde mille sfaccettature, alla quale
ognuno cerca di dare una risposta, e chi proprio non ce la fa a darsela
per troppa timidezza si aiuta con il Ribolla gialla per essere un po’
più disinibito. E Ognuno fino a un massimo di mille naturalmente, perché
se invece del numero delle sfaccettature avessi cavalcato la metafora
di una domanda che rimbalza non solo nella Lega Calcio ma in diecimila
leghe sotto i mari, sarebbero stati molti di più a porsi quella stessa
domanda. E tutti subacquei. Oppure in tutti i luoghi in tutti i laghi
sarebbe stata soprattuto una domanda d’acqua dolce. Perché la novità del
calcio di Montella ha portato concetti che spiazzano come un rigore di
Casarsa, possesso palla e mentalità propositiva sono i cardini dove
ruota, oliata, l’idea tattica di un napoletano atipico come una
bruschetta ben oliata ma con i cardini strusciati sul pane al posto
dell’aglio. Oppure il possesso palla e la mentalità propositiva saranno
solo cardi di un’idea tattica che verrà gratinata nel forno delle
polemiche di una piazza che vuole a tutti i costi Icardi come
centravanti. E’ comunque sugli interpreti di quella idea di gioco che
nascono i diversi partiti, mentre altri sono morti dentro al barattolino
Sammontana Cinque Stelle confezionato direttamente nel barattolino
delle urne, partiti che si dividono tra chi preferisce l’aggiunta di
qualche muscolo alla sola tecnica pura, due scuole di pensiero che non
scenderanno mai a mitili consigli, come da sempre a Firenze. Quindi la
domanda che esce fuori da una stagione in HD è chiara, diciamo pure
molto definita proprio perché in HD, anche se la seconda foto ne solleva
subito un’altra e sempre di strettissima attualità su chi sia oggi
veramente il sesso forte. Ma la domanda che più ci sta a cuore per il
futuro centrocampo Viola, e che la foto esprime in maniera nuda e cruda,
ma soprattutto nuda, è se i tre tenori reggeranno bene il palcoscenico
anche di teatri con un calendario più ambizioso oppure se ci sarà
bisogno di un’iniezione di muscolatura, se continuerà a giocare Pizarro e
quali caratteristiche avrà invece Vecino, se quelle liriche o se il suo
sarà un calcio più robusto. Anche se Montella sembra aver già risposto
preferendo comunque i rischi calcolati di un gioco sempre propositivo
che ha bisogno di giocatori meno ruvidi e dalla tecnica sopraffina, poi
magari il duo italo spagnolo riuscirà a pescare chi ha entrambe le
qualità e allora il terzo scudetto imboccherà deciso il viale dei Mille,
che non sarà più lo stesso viale dove un tempo si rincorreva Desolati o
quello appunto delle mille sfaccettature dove si nascondevano quelle
famose risposte, ma quello dai mille riflessi abbaglianti dove si
riflette la luce di una realtà preziosa, proprio come dopo il taglio di
una pietra preziosa. E così su tutti quei dubbi metteremo una bella
pietra sopra. Preziosa naturalmente e non Preziosi.
domenica 24 marzo 2013
L'immancabile carezza
La
sosta di campionato è un’eccezione che conferma la regola, una regola
del cazzo che non regola il traffico di una giornata senza precedenze
alla Fiorentina, l’unica poi che non fa riposare, non è una pausa caffè e
non serve neppure per andare a pisciare o fare benzina. Fastidiosa come
una foratura. O come la forfora su una giacca di velluto blu. E
scrivere con il ruotino di scorta non è facile, come del resto scrivere
pensando a uno che vuole sciare su una giacca di velluto blu. Per fortuna abbiamo
trovato il rinoceronte di Pizarro, un animale già opportunamente
ammonito, perché il rinoceronte giallo di Pizarro, giallo come un
cartellino è già stato diffidato dal condominio. E così non può prendere
l’ascensore sennò rischia la squalifica. Ma anche di un animale
ammonito dall’amministratore non è che si possa parlare più di tanto, se
non che è stato chiamato Rino da Pizarro, in onore di Tommasi e non in
quanto ex compagno della Roma ma in quanto appunto Rino. E allora, in
mancanza di argomenti mi è venuta in soccorso la Bice che ha raccontato
la storia triste di Montolivo che non riesce a trovarsi una vera ragazza
di Milano per scaricare la popolana Cristina, solo perché lui non è
nato nel capoluogo lombardo e per questo motivo viene pesantemente
discriminato ancora più di Balotelli o Boateng, perché la ragazza di
Milano pretende e non si accontenta certo come la fiorentina di un
mezzettone della provincia di Bergamo. E poi si chiama semplicemente
Riccardo e non almeno Manfredi, e non solo ha preso una volta la metro
per sbaglio e adesso è marchiato come una vacca, ma ha preso addirittura
un paio di volte la tramvia, che per una milanese è un marchio
d’infamia più che per un fiorentino quello di aver lasciato scadere il
contratto per regalare il cartellino a Galliani. Lui che vive in via
Washington, troppo zona Magenta, lui che non chiama per nome il barman
che fa i miglirori aperitivi della città e non va a mangiare giapponese da Nobu. Lui che ha la fama del doppiogiochista invece
dell’indispensabile doppio cognome per aspirare davvero a una milanese
doc della quale poi dovrebbe essere almeno cugino di secondo grado per
non disperdere il meglio del DNA meneghino tra la marmaglia che di
solito puzza anche di paglia. La Cristina intanto, con quella C aspirata
che fa tanto boccalona e bocchetta aspiratrice, cura gli interni di
un’azienda che si occupa del lavaggio delle auto. E allora non ci resta
che un maritozzo con la panna in una domenica mattina priva della giusta
attesa, non c’è da dare neanche l’acqua alle piante. Piove. Un po’ di
musica mentre spillo la barba come un punto a poker in modo da portarla
almeno fino a metà mattinata, e poi radermi per spezzare l’apatia
dell’astinenza, cucinare, la replica di “Moda” , un paio di caffè, il
blog e poi l’immancabile carezza a una bella foca.
sabato 23 marzo 2013
Pietro Gambadilegno
Solo
Pietro Gambadilegno, annoverato tra i peggiori tifosi Viola di sempre
poteva servirsi di una banda di brutti ceffi mascherati con parrucche e
nasi da pagliaccio per cercare di tirare la volata a Tutunci. Accecato
dalla pontellizzazione non si era accorto che Il futuro poteva essere
solo nostro viste le persone in gamba di cui si avvale la Fiorentina,
forse perché a lui oltre che a un po’ di cervello manca proprio una
gamba. Aldo, Giovanni e Giacomo grazie al suo proverbiale cervello di
acero ci hanno girato addirittura un film. Non si era accorto, impegnato
com’era a sentirsi perseguitato, calpestato nell’orgoglio fiorentino
alla lontana da suole a pallini di un ceto medio alto, così alto che non
gli ha permesso di arrivare a capire la serietà e la solidità della
proprietà, non si era accorto che grazie alla liposuzione programmata
avrebbero tolto il grasso in eccedenza dalle cosce flaccide di un ciclo
che fu. Un ciclo ormai a prandelli, ma con la liposuzione scambiata
dalla curva per il ridimensionamento della circonferenza cosce. Grasso
che invece cola dalla programmazione mirata di una società cecchino che
si muove con anticipo e competenza centrando obiettivi e giocatori
funzionali a raggiungerli. Ruolo per ruolo. Forse per arrivare a
Ruotolo. E anche la scaramanzia oggi gioca un ruotolo finalmente
marginale, perché la strada è stata tracciata e siamo quindi meno
soggetti alle incognite presenti nel vivere alla giornata, fanno un po’
sorridere, sono datati anche certi modi di dire tipo “incrociamo le
dita”, perché davanti a noi il futuro ci mostra invece delle bellissime
gambe incrociate. Mentre il tanto agognato Zamparini si affida sempre al
solito rito del tassista che lo porta a giro durante la partita, e che a
forza di girare lo sta portando diritto in serie B. Il modello di
squadra che sta nascendo, e i rumors sono chiari, le scelte precise e
mirate, è un modello nuovo per Italia e forse invidiabile anche in
Europa escluse le solite note. Probabilmente la Fiorentina è oggi la
squadra potenzialmente con i margini di crescita più elevati, quella più
avanti nella programmazione di una nuova idea di calcio che comincia ad
essere apprezzata anche fuori dai confini italiani. Oltre ai Vargas e
ai sobillatori da spogliatoio andrebbero rottamati anche i Bersani di
curva prima che si faccia un governo tecnico magari affidato al sogno di
Preziosi nuovo presidente della Fiorentina. A noi è piaciuto molto il
modo con cui è stato chiuso un ciclo e riaperto un altro accavallando le
gambe in maniera così sensuale che personalmente durante la stagione mi
era sembrato di intravedere persino le mutandine tricolori. E’ stata
messa finalmente una pietra sul passato anche se Pietro ha comunque la
testa dura come una pietra, che per noi però è stone come la Sharon che
ci ha fatto intravedere la strada giusta. Capiamo comunque anche
Gambadilegno confuso dalla paura del ridimensionamento che non ha certo
le gambe accavallate di Marylin ma quelle tutt’altro che rasserenanti
fotografate dalla Bice, e che mostrano in certa tifoseria una forte
confusione mentale.
venerdì 22 marzo 2013
Nasce tutto da lì
Mentre
gli Scolari sembrano più essere quelli vestiti di giallo, una volta
maestri, Prandelli scolaro stilista ad honorem tenta di distruggere il
made in Italy lanciando il primo maglione a collo alto che supera
abbondantemente il mento e persino il rendimento di Cerci anche lui
lanciato nella mischia di quello che è un concetto di moda offuscato
dall’influenza questa volta molto basso bresciana. Il cappottino poi è
un inno al quattro a zero contro la Spagna, che gli sta perfettamente
attillato come una muta da sub o come la scena muta di fronte alla
finale europea. A me è piaciuta molto l’Italia, a parte qualche orrore
difensivo che risente probabilmente del look orrendo del suo Mister che
anche se non si trova bene a Firenze come negozi, potrebbe abbandonare
il suo proverbiale gusto di campagna e andare almeno da un Gianni
Campagna a farsi rimettere al mondo, perché l’Italia meritava ampiamente
di vincere, ma non di mettere in vetrina lo stile da preservativo del
suo allenatore, da preservativo comunque con serbatoio per le idee
tattiche di una bella Nazionale, mentre il Brasile è stata una gran
bella delusione considerato che siamo a solo un anno dal mondiale.
Balotelli di un’altra categoria, Cerci in rialzo proporzionalmente al
ribasso di certe teorie che lo descrivevano come un giocatore da squadra
minore, al ribasso come gli exit poll sulla pontellizzazione, al
ribasso come i commenti su Fi.it quando non c’è da sputare merda sulla
Fiorentina che vince. Mentre il pensiero corre veloce, diciamo ferma il
tempo a 19”72 per ricordare un grande atleta italiano che ci ha lasciato
proprio ai blocchi di partenza della primavera, una nuova stagione che
voglio salutare dai Lungarni di una “mattinata fiorentina” non essendo
il Botticelli e non avendo neanche uno straccio di capasanta gigante da
dove far nascere la Venere prandelliana strinta nel suo cappottino di
neoprene. Botticelli la dipingeva dieci anni prima che Colombo scoprisse
l’America, mentre l’affresco sulla pontellizzazione che era stato
dipinto nella testa di tifoso buono solo per dire cappella e con la
testa a forma di cappella è stato rimosso. La nascita di una nuova
stagione Viola ci da lo spunto per ridare una speranza anche ai vedovi
inconsolabili, per farli uscire dalla loro Caporetto della passione, il
loro mondo non è più custodito a Trespiano, la vita continua, la
Fiorentina rinasce come la Venere anche se l’ha dipinta Botticelli
invece di Prandelli, poi c’è sempre la Nazionale per ammirare Cesare e
gli Uffizzi per chi preferisce il Botticelli. Perché alla fine tutto
nasce da lì, il calcio da un Santo e il Rinascimento da una capasanta.
giovedì 21 marzo 2013
Segnali
Sono
impreparato. Non ho seguito le vicende di casa Viola, ne cosa avete
scritto impegnato com’ero nel girone di ritorno, ma neanche tutto il
Bucaresto. Ho letto solo di un fulmine che ha colpito l’aereo
dell’Italia, non a caso, e viste le conoscenze di Papa Francesco, Sodano
ha raccontato che dall’alto si è voluto mettere i puntini sulla i e i
fulmini sull’ala dell’aereo, insomma, per ribadire una volta di più che
Prandelli non può essere considerato in odore di santità se prima non
vince almeno il Trofeo Berlusconi. Segnali. Che però vanno saputi anche
leggere, altrimenti si rischia di fare come Ghedini che ha scambiato le
lacrime di coccodrillo di Berlusconi per una congiuntivite fino a
chiedere il legittimo impedimento, invece di vietarne la caccia alla
Bocassini che con quelle lacrime ci vorrebbe fare un portafoglio da
regalare al marito. Segnali. In Romania, più a nord mi è stato fatto
trovare invece il segnale inconfondibile che l’inverno ha messo
finalmente la testa sotto, e anche la foto di copertina è
inconfondibile, l’equivalente cioè del tirare fuori il carrello in fase
di atterraggio, della fine di un viaggio o di una stagione, e visto così da dietro, con l'aiuto di un
segnale tanto divino, così forte che alla fine è anche molto
meglio del meteo di Giuliacci, quell’inverno che se ne sta andando ha
procurato in me il desiderio di tirare fuori qualcos’altro. L’inverno è
quasi alle spalle e da dietro l’ho potuto vedere bene, c’è rimasto solo
qualche colpo d’ala, la cosiddetta coda dell’inverno, una coda alla
quale verrebbe voglia di dargli un colpo. Oppure metterglielo sotto la
coda prima che atterrato a Fiumicino qualcuno non la voglia fare alla
vaccinara. Il segnale è stato inequivocabile e non portava certo i
colori dell’embargo della carriera azzurra di Prandelli, ma quelli
ufficiali bianchi della divisa papale. Segnali. Ho scoperto in Romania
che i segnali di fumo tanto cari agli Indiani d’America, erano dovuti
essenzialmente alla badante di Bucarest di un capo Navajo, una donna
che fumava tutto il giorno e che dette il là a quel modo di comunicare,
poi sviluppato nella nostra cultura col fare le grigliate. Segnali.
Molti dei quali sono stati interpretati in maniera sbagliata, altri come
Del Neri hanno sempre bisogno dell’interprete, Delio Rossi ha usato il
linguaggio dei segni sul viso di Ljajic, e poi ci sono gli scritti che
hanno significati diversi dalle letture che sono state tradizionalmente
date dalla nostra cultura. Per esempio il 4-3-3 di Montella non è così
rigido come il piede di De Silvestri, ma varia come la pontellizzazione
che porta al quarto posto invece che all’inferno. Si ricama, si fa
poesia, viene letto oltre a quello che si era voluto realmente scrivere,
l’esempio più eclatante è quello di Manzoni che era un grandissimo
puttaniere, che dopo l’ultima sua trombata lacustre scrisse “ Quel ramo
del lago di Como...”
mercoledì 20 marzo 2013
Inquinamento interiore
A
Bucarest i cavi sono esterni come Cuadrado e Pasqual, ti seguono a tre
metri sopra la testa come quelli di Moccia sopra il cielo, di Moccia
come lo Zabov. Un Berbatov più giallo e liquoroso come lui che ti
tradisce da quanto fa schifo. Un palo tira l’altro, fasci ammassati che
formano campate disordinate delimitando la navata centrale di una città
caotica, piena di taxi e gente che attraversa la strada come in una
roulette russa. E anche io ho trovato il mio filo steso, con due bei
pali torniti e con sotto una voragine scura come i capelli rumeni scuri
tipo quelli di Lacatus, dove sono finito mio malgrado, inciampi dovuti
ad una cattiva manutenzione del fondo stradale. E ho raccattato anche i
panni. Come chi dopo aver gradito il piatto fa pure la scarpetta, Tod’s
naturalmente. Diciamo come la goduria che si prova nel veder raccattare
il pallone in fondo alla rete avversaria. Fuori Bucarest, fatti appena
una decina di chilometri il mondo è un continuo declivio verso
l’inferno, come quello che sta vivendo il povero Mati Fernandez o
Zamparini. Ai lati della strada lo sporco ha preso il sopravvento prima
del centrocampo e poi del centro strada. Certo c’è “buca” e Bucarest,
dalla culla del Rinascimento a quella scomoda come una brandina da
campeggio sgangherata, non è proprio come dormire i sonni disegnati dal
Brunelleschi. Oggi rientro, una ripartenza micidiale come quelle di
Cuadrado, per ritrovare le geometrie giuste fatte di passaggi nei soliti
posti, una manovra riconosciuta e che porta a mettere la palla dentro
la Porta San Frediano. La pressione è stata tanta, lo Steaua è una
brutta bestia e poi ho sofferto il fumare incontrollato nei locali
pubblici, soprattutto nei ristoranti. Non c’ero più abituato, per
rendere l’idea del disagio che ho provato è come se improvvisamente a
Cagliari ritrovassimo il fumoso Montolivo nel nostro centrocampo. Al
posto di quell’aria tersa che oggi si respira nel nostro spogliatoio, un
inquinamento interiore che sto smaltendo grazie alla tabella del Dott.
Manetti. Soffumi alla rovescia, da dentro a fuori per ripulirsi dal fumo
di mille sigarette fumate tra capo e collo da Florin. Fumate dalla
Romania intera che ti fuma addosso tutto il giorno. A un certo puno sono
corso su Internet pensando che se ne fosse già andato il Batipapa. Poi
un sospiro di sollievo, anche se è equivalso a buttare giù un sigaro
cubano. Quella che avevo visto non era stata la fumata bianca.
martedì 19 marzo 2013
Lo zio Franco
Oggi scrivo da Bucarest (connessione di fortuna) dopo una ragnatela di passaggi senza fine, di quelli che solitamente portano al fallo di frustrazione. Da Soffiano in macchina fino alla tramvia, poi alla stazione, primo treno fino a Roma Termini e secondo fino a Fiumicino, finalmente aereo e poi ennesimo trasferimento in hotel. Un gioco estenuante fatto di ripartenze in mezzo alle maglie di una difesa con marcatura ad uomo, asfissiante, una serie di controlli di carte e documenti che procurano crampi proprio quando non ci sono più sostituzioni da fare. Insomma, un possesso palla cominciato alle 11:30 e e finito alle 22:30 con il gol della meritata vittoria in trasferta. Un anticipo di Europa League o forse di qualcosa di più. Sicuramente non un volo in gessato blu, ma pregno di neorealismo fermo agli anni 70, singhiozzo fuori controllo come dimostrazione migliore delle buone maniere targate Europa dell’Est, mentre una signora con il mal di testa dopo aver buttato giù un analgesico chiesto al mio vicino di posto ha cominciato a segnarsi ripetutamente la fronte pronunciando una litania incomprensibile, un rituale penso a metà tra l’omeopatia e la medicina tradizionale. E oggi la Fiorentina mi sembra proprio così lontana, mi viene in mente solo Adrian Mutu che dopo Lacatus è stato uno dei pochi rumeni che hanno indossato la maglia Viola, o che hanno frequentato con una qualche dignità il nostro campionato, altri mi ricordo solo Hagi. Di Adrian conservo un gran bel ricordo mescolato anche a qualche delusione per certi suoi atteggiamenti ed errori, un giocatore che comunque ha voluto bene e ha dato tanto alla Fiorentina. Ho cominciato a scrivere in aereo, qualche appunto di viaggio sul mio Moleskine rosso con la penna di quello zio Franco che mi ha fatto un po’ da babbo e che oggi non c’è più. Su quella penna c’è impresso il logo di quella che era la sua impresa edile. Mi ero un po’ dimenticato di lui, e in quelle due ore di volo grazie a quella penna mi sono reso conto di quanto una persona che è stata importante possa essere dimenticata così velocemente, incastrarti come siamo dentro ad ingranaggi che non sono sempre oliati come quelli del nostro centrocampo. Tendiamo a difenderci dai dolori spazzando via l’area il più lontano possibile. E così anche lo zio Franco era finito in fallo laterale.
E chissà come si mangia in Romania.
lunedì 18 marzo 2013
Distrazioni non solo muscolari
Cuadrado
mi ha ricordato a tratti la Kawasaki 750 della metà degli anni settanta
di Mauro, l’amico più grande della compagnia, come per lunghi tratti il
gioco della Fiorentina ha ricordato al campionato di essere quello più
bello. Alle accelerazioni del colombiano è mancato il rumore del motore a
due tempi della giapponese, mentre per tutti e due i tempi metteva
scompiglio tra le maglie della difesa avversaria come Mauro faceva con
la sua due ruote incarognita sulle curve del viale dei Colli tanto per
impressionarci. E a Genova l’impressione è che qualcuno abbia fatto
fatica a prendere sonno pensando alle “sverniciate” di Cuadrado che a
differenza della Kawasaki 750 di Mauro però non è altrettanto cattivo,
come del resto anche la squadra che dopo il vantaggio si compiace
pensando più a guardarsi negli specchietti che a guardare la strada
davanti. E il Genoa ne approfitta infilandosi all’interno di una difesa
poggiata sul cavalletto davanti al bar. Delizioso e sempre più decisivo
Ljajic che è diventato il giocatore da mostrare con sempre più orgoglio ai vecchi parenti scettici, sempre capace di superare l’uomo tra i
paletti, e che si muove sulla linea di fondo regalando spettacolo e gol ad
Aquilani con movenze che ricordano anche un po' Cruijff. Adem è in questo
momento il giocatore più efficace e divertente della squadra, anche più
di Jovetic che comunque sembra aver dato più robustezza al suo gioco
assimilando meglio la posizione studiata per lui da Montella. Per il
resto la squadra crea moltissimo, i calci d’angolo superano ormai i
falli laterali, le palle gol raggiungono i numeri della grande
distribuzione, mentre dietro la squadra soffre amnesie difensive come se
invece di alzare i livelli di attenzione avesse l’Alzheimer. Una fase
difensiva disorientata con Viviano che tra palloni Tele, perdita di
memoria e di marcature dei compagni di reparto non fa in tempo a
schiacciare il bottone del Telesalvalavita Beghelli che già avevamo
dissipato un doppio vantaggio. Siamo belli e pieni di bollicine preziose
come quelle dello champagne da centrocampo in su mentre la fase
difensiva ha le bollicine di una gazzosa sgassata, se riusciremo a
ritrovare attenzione, movimenti giusti e cattiveria dietro come nel
girone di andata, potremo realmente far venire più di qualche pensiero a
Milan e Napoli. Un grazie alla squadra che ha comunque saputo vincere e
un grazie anche agli ex come Frey che ci manda Zorba il greco come suo
secondo, al Vargas smagrito anche delle sue caratteristiche migliori e a
Cassani che per evitare il disagio dei festeggiamenti tipici del gol
dell’ex se lo fa nella propria porta. Buono l’impatto di Mati sulla
partita, un giocatore che potrebbe risultare finalmente determinante in
questa parte finale della stagione. Mentre Pizarro ha dimostrato di
essere il più altruista di centrocampo, e pur non essendo un parente
dona il suo cartellino giallo a Borja Valero come se fosse un organo
compatibile, tanto per fargli tirare un po’ il fiato, mentre Aquilani è
sospettato di sfruttamento della predisposizione di Ljajic a metterlo in
condizione di fare gol facili. Sissoko pur non giocando dimostra invece
la duttilità di chi è capace di rimanere mistero e uomo nero allo
stesso tempo. Per chiudere il campionato alla grande sarà importante
quindi che Montella riesca a disciplinare un po’ di più quella difesa
che ultimamente è più portata a sbandare davanti alla bellezza di una
Fiorentina che le passa là davanti e che alla fine la distrae sempre un
po’ troppo.
domenica 17 marzo 2013
Curvy
La
novità dovrebbe essere il rientro di Aquilani con Montella che ha
comunque a disposizione il frigorifero pieno, una certa abbondanza che
si ritrova anche nelle parole piene di collera e colesterolo di Conte
verso Firenze, una sorta di “chiacchere e distintivo” della cucina
d’oltreoceano, un’abbondanza che in settimana abbiamo riscontrato anche
in quelle cariche di affetto e affettato di Prandelli, che ci ha
ricordato per l’ennesima volta che lui si è risentito solo quando invece
del prosciutto gli volevano rivogare la mortadella. E tra chi come il
bulimico Conte fa incetta di volgare pancetta a dadini invece di usare
il guanciale sul quale dovrebbe dormire sonni più tranquilli dopo una
vittoria invece di fare sempre la fortuna di Crozza, e Prandelli che
prima di pane e mortadella ha preferito andare a comprarsi qualcosa di
più a strisce in bottega da Bettega, speriamo che Montella, il
nostro unico nutrizionista, un Ciro Vestita di fiducia vestito di Viola, sia riuscito a portare la squadra di
fronte a questa partita con il giusto regime alimentare fatto di
atteggiamenti sani, davanti al pericolo dei bagordi post trionfo romano.
Del resto affrontiamo una squadra scorbutica, spigolosa, fisica, che
oltretutto ha tanta fame di fronte alla classifica scarna e alla dieta
di Vargas e Frey, non ci possiamo certo permettere di farci trovare ancora con
una porchetta di Ariccia sotto braccio, e soprattuto prima che Conte
s’incazzi ancora di più gridando il suo sdegno e la sua voglia di
abbandonare il paese grazie al suo cavallo di battaglia da karaoke
quando va nei villaggi Valtur e con voce finita nelle barbe affronta il
ritornello “la donna ariccia non la voglio no”. Se da una parte
l’eccesso è sempre da scongiurare, in tutti i tipi di comportamenti,
alimentari e morali, da stigmatizzare quanto un regime
alimentare o morale privo della sufficenza necessaria al sostentamento,
insomma, dalla bulimia di Conte all’anoressia di Fassino, disordini
alimentari che rispecchiano un disagio spesso dovuto al desiderio di
andare incontro a un modello di bellezza che la società ci costringe a
seguire, o dovuto alla frustrazione di non riuscire a raggiungerlo. La
Fiorentina per fortuna non è una società come la Juve o un partito dove
è transitato persino “il mortadella” che ha costretto a suo tempo
Prandelli a disertare il seggio e il girone di ritorno del suo ultimo
campionato in Viola. Il tema dell’equilibrio, quello di un regime
alimentare sano è un tema comunque serio, siamo contenti che il Genoa
abbia recuperato i nostri ex come del resto siamo contenti che in Svezia
abbiano cominciato ad adottare anche manichini che raccontano di una
donna che non è solo quella delle passerelle, come Roncaglia del resto non è
Passarella. Se la nonna dei Della Valle diceva “male non fare paura non
avere”, la mia ricordo che invece diceva “il troppo è come il poco”, e
allora si alla donna curvy e se proprio vogliamo eccedere facciamolo con
la passione Viola direttamente dal curvyno.
sabato 16 marzo 2013
Correzione doverosa
Devo
tornare brevemente sull’editoriale di ieri perchè la Bice ha ricevuto
la telefonata risentita della Cristina intervenuta per fare una
precisazione sul significato dell’opera di Montolivo, chiedendo
esplicitamente che oggi venisse menzionata ad integrazione del pezzo di
ieri. La De Pin sostiene che è vero tutto ciò che è stato scritto, ma
che manca però la parte più legata alla loro sfera sessuale, perché in
quell’opera l’artista ex giocatore ha affrontato soprattutto il tema
della fedeltà, Cristina ci ha spiegato di aver convinto Riccardo che non può essere un problema per la loro relazione se lei fa sesso anche con altre
persone, ed è stata sostanzialmente una frase utilizzata da lei per giustificare
dell’attività sessuale fuori dalla coppia, emersa in grande quantità un po' come l'evasione fiscale in Italia che però ha dato ispirazione a
Montolivo, e la frase che ha scatenato il suo talento è stata “ dai
Riccardo non si sciupa mica, non è che ci rimane l’ìimpronta come sullo
stracchino”. Johnny Stracchino ha quindi più significati, un intervento
quello della Cristina un po’ saccentello che mi ha suggerito il tema di
oggi del secchione, uno di quelli che più mi affascina da sempre, una
figura che almeno io ho vissuto con contraddizione, certe le ho amate e
ci siamo compensati diventando irresistibili, altre erano invece figure
distanti con le quali non interagivo, distanti come la fine del mondo
dalla quale è arrivato Francesco, quel Papa che per qualcuno a Roma
rimane comunque sempre e solo Totti. Il secchione è stata una figura da toccare
come un essere di un altro pianeta, poi una volta entrato in contatto
con la sua diversità, da dissacrare in segno di affetto non avendo io
altri strumenti intellettivi d’interazione. Un secchione buono che vuole
bene ad una fava buona come me che gli vuole bene a sua volta mettendo nel rapporto
di amicizia caratteristiche sostanzialmente contrarie formano una
coppia d’attacco come Puici e Graziani, fanno gruppo, fanno spogliatoio
come Lupatelli e Toni. Poi ci sono gli allenatori inadatti come a
Firenze lo è stato soprattutto Delio Rossi, così come certi professori
che si succedevano negli anni dell’Istituto d’Arte di Porta Romana,
quelli che a loro volta erano stati secchioni non interattivi, e che
vivevano la vita in cattività come la loro professione in una scuola
fuori controllo come era quella dove non ero capitato certo per caso. Mi
ricordo di un professore imbizzarrito arrivato fresco dallo scentifico,
da noi che l’ora di matematica veniva utilizzata per fare manutenzione
alle matite prima di andare a disegno dal vero, una sorta di officina
dove la matematica faceva da sottofondo fastidioso al resto, si chiamava
De Vellis e sembrava l’omino della Bialetti con l’aggravante che
nessuno lo aveva avvertito che non era più allo Scentifico, fino a
quando non mi presi la briga di segnalarglielo scrivendo sul muro
davanti all’aula “De Vellis baffi ribellis”. E lui capì subito, da
matematico in cattività qual’era fece uno più uno quando entrando
in aula a testa bassa disse “Giannotti vada a cancellare quella scritta
sul muro”. La foto è solo un esempio applicato al campo estetico più
che a quello di gioco o di scuola, però anche se una variante, comunque
esplicativo per evidenziare il valico, o passo, e quindi quanto sia
breve il passo tra il secchione antipatico e quello simpatico, diciamo
pure una variante di valico, e riferito al pianeta donna tra quelle che
acquistano fascino e quelle che invece lo perdono. Poi ci sono quelle
che acquistano e basta, in grande quantità e con stile compulsivo per la
gioia dei mariti che devono mettergli a disposizione budget importanti
che ci si potrebbe riempire un secchione. Lo spunto di oggi vuole
mettere l’accento su quei giocatori che di più incarnano questa figura,
che non è come quella della donna più in carne, ma come quella della più
integerrima. E se per la donna mi viene in mente la Pivetti, il più
secchione della serie A me sembra senza ombra di dubbio o di pergolato
che possa essere Javier Zanetti, uno che non manca a una lezione dal
primo giorno di asilo, uno che va sempre volontario e che è talmente
avanti con il programma che sta giocando le partite valide per il
campionato 2015-2016. Nella Fiorentina metterei invece Pasqual, poi ci
sarebbe da stabilire l’altro tipo di seccchione, quello da scansare come
un interrogazione fuori controllo del professor De Vellis, e per me nel
campionato italiano non ci sono dubbi. Montolivo. Un vero pezzo di
Nerd.
venerdì 15 marzo 2013
Non mi somiglia per niente
Le
cose visibili possono essere anche invisibili, un concetto più facile
da comprendere se prendiamo ad esempio il pallone di Fiorentina - Inter e
quello di Lazio - Fiorentina, un oggetto reale, tondo come la banca di
Ennio Doris costruita intorno a te, che però le due squadre che ci hanno
affrontato non hanno praticamente mai visto. Nel quadro di Magritte è
molto chiaro questo concetto, e se qualcuno va a cavallo in un bosco,
prima lo si vede, poi no, ma si sa che c’è. L’esperienza durissima di
Montolivo che al Camp Nou c’era ma che nessuno ha visto, lo ha portato
oggi ad una crisi d’identità profonda, e come dicevamo ieri, prima lo
aveva portato a pensare addirittura di prendere i voti, poi aiutato
dalla Cristina, anche se orgogliosa in quanto cristiana, Riccardo ha
scoperto la sua vena artistica, grazie proprio alla pittura di Magritte.
E’ partito dal titolo dell’opera che lo ha letteralmente folgorato, la
“firma in bianco”, lui che nella sua inconsapevolezza d’artista del
pallone aveva invece rifiutato di firmare il rinnovo con la Fiorentina
per andare nelle braccia di Galliani, e mentre la cavallerizza di
Magritte nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro volta,
lui nascondeva la sua volontà di andarsene da Firenze traccheggiando tra
il firmo e non firmo, tra il lusco e il brusco, che sono stati
praticamente il suo bosco interiore. Oggi, dopo che Barcellona è stata
la sua via di Grugliasco, folgorato prima da una caterva di gol e poi
illuminato, è uscito dal bosco di certi mancati rinnovi per cercare di
superare questa sua crisi mistica facilitata da Messi e compagni, e così
si allinea ai concetti dell’opera di Magritte che ci vuole dire come
tuttavia il nostro pensiero comprende tutti e due, la cavallerizza
nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro volta, il visibile
e l’invisibile. E se l’artista ha utilizzato la pittura per rendere
visibile quindi anche il pensiero, Montolivo ha voluto creare la sua
opera scegliendo la fotografia, utilizzando cioè un linguaggio ancora
più moderno per mostrare il suo di pensiero. Una confessione amara per
un comportamento che oggi non riesce più a sopportare, una denuncia per
sensibilizzare i giovani calciatori che fanno melina per far scadere i
loro contratti danneggiando le società che su loro avevano investito, e
tradendo la fiducia dei tifosi che su loro invece avevano investito dei
sentimenti. L’opera fotografica fa intanto subito un riferimento chiaro a
Johnny Stecchino per collocare il significato della stessa dentro alla
vicenda fiorentina, Montolivo richiama Benigni per suggerire la
location, per spiegare allo spettatore che vuole parlare della vicenda
del mancato rinnovo. Questo è quello che si vede, Johnny Stecchino e la
sua Maria, lascivi, dentro a una situazione peccaminosa, ma lo scopo
dell’artista Montolivo è di fotografare il suo pensiero, di confessare
quello che non si vede, che è un qualcosa di molle come il suo
rendimento a Barcellona, ma soprattutto molle come la sua moralità. Da
qui il titolo dell’opera “Johnny Stracchino”.
giovedì 14 marzo 2013
Cosa faccio se ho ho solo quell'affaccio
Mi
è piaciuto molto il rinnovo a Lupatelli, un gesto che certifica la
qualità della Società e che dà anche una certa sicurezza sul grado di
attenzione dimostrato da chi deve costruire una grande squadra,
sicurezza o 626 che è importante almeno quanto il 343 di Montella, visti
tutti gli infortuni sul lavoro, ultima in ordine di tempo la rovinosa
caduta del Milan a Barcellona. Anche se però questo rinnovo contrattuale
della ballerina di terza fila evidenzia fragilità emotive importanti,
una sensibilità certo troppo meno ruvida e quindi meno apprezzabile da
chi aveva sponsorizzato un attaccamento di tipo più zampariniano, o da
chi invece del fair play ha sempre preferito la disponibilità meno
titubante a riempire di soldi certe valigette per farne dei giochi
preziosi come quello della corruzione. Si è voluto evidentemente
previlegiare anche l’aspetto umano per conservare certi equilibri di
spogliatoio, e lo si è fatto dandone il giusto risalto, oggi che
all’interno del nuovo centro sportivo nato in pieno ridimensionamento
non ci sono più asticelle di traverso ad impedire di fare gruppo. Si
dice che Borja Valero non sopporti di veder giocare Montolivo al Camp
Nou perché ha un cugino milanista che dopo martedì non sta più bene,
mentre il Barcellona ha chiamato direttamente Macia per capire se c’è
qualcun’altro che vuole alzare l’asticella, perché loro sarebbero
parecchio contenti. Una certa stampa asservita aveva trasformato il
catenaccio del Milan all’andata per un’impresa, la stessa stampa che
elargisce voti alti al campionato di Montolivo come se fossero
certificati medici di congiuntivite. E mentre la Fiorentina per
Montolivo era diventato un legittimo impedimento, per i tifosi del Milan
adesso la speranza è che il ragazzo abbia dentro di se anche
l’ambizione di misurarsi nel campionato argentino e magari voglia
andarsene al Bocassini Juniors. C’è chi giura di averlo sentito dire di
non sopportare di vedere Gattuso giocare nel Sion, e chi non l’ha
sentito con le sue orecchie è lì che ci spera con tutta la speranza. C’è
piaciuta l’enfasi che si è voluto dare al rinnovo del terzo portiere,
c’è piaciuto il fatto che la società sia stata presente con Pradè e
Macia, e con loro anche il capitano, perché dimostra così di essersi
finalmente depurata, e visto che in città ci sono diversi ponti, e che i
ponti sono strutturali a un certo andirivieni anche convulso di qua e
Diladdarno, non vorremmo più che le acque chete ce li rovinino. Evviva
quindi il rinnovo di chi mette a disposizione del gruppo il suo
attaccamento, un uomo dalle basette e dai principi importanti, un uomo
Vinavil che è molto meno vil di chi non val la nostra maglia, un uomo
che fa da collante anche se noi continuiamo a preferire che lo indossi
la donna, anzi che se lo sfili come faceva Sophia Loren davanti a
Mastroianni. La Bice trafelata intanto mi scombina la scaletta e il
finale dell’editoriale, arrivando con un’intervista verità dove una
Cristina De Pin disperata racconta che ieri sera Riccardo le ha
confessato di non sopportare il fatto di vedere Papa Francesco
affacciarsi da quel balcone mentre lui l’affaccio ce l’ha sui Navigli.
Annunciandole il digiuno sessuale e la volontà di prendere i voti che
non siano quelli taroccati della Gazzetta dello Sport.
mercoledì 13 marzo 2013
Vegetables
Questa
volta per tornare sulla vittoria di Roma lo stratagemma è vegetale e
quale a chi pur senza Pinzi fa il pinzimonio intingendo la memoria
dentro a una vittoria ricca e carnosa come le falde dei peperoni, frutto
dell’hobby di paperoni marchigiani, e quindi alla fine non Tod’s viene
per nuocere, anche se l’hobby non è della stessa Marca Trevigiana del
radicchio, ma piuttosto Hogan che è quasi quasi come una dieta Vegan.
Quasi una lobby possiamo dire, quella di chi fa diventare oro tutto quel
che tocca e allora si è messo anche a fare l’orto, e dagli Orti
Oricellari coltiva per la Fiorentina un futuro fiorito come le
lenticchie di Colfiorito, e allora che lenticchie d’ingrandimento siano
su una partita zuppa di emozioni, come una zuppa di cipolle abbondante
come fossero due porzioni. Un zuppa che piace tanto anche a Berlusconi e
meno alla Bocassini, perché al Cavaliere la preparazione fa lacrimare
gli occhi, e Ghedini che è il vero chef del foro la trasforma in
congiuntivite sopra un letto di foglie di vite, restituendoci così il
vero sapore dell’Imu e del tofu che sono specialità sarde. Una partita
che ha evidenziato la freschezza del gioco e del taglio di certe
aperture, che a differenza dell’aglio, Pizarro usa come fosse in camicia,
con una tale perizia da allontanare qualsiasi sospetto che sia nato con
la camicia. Pizarro che è fin troppo facile accomunare al farro per poi
fargli un monumento realizzato col frumento, Pizarro anche come porro,
un ortaggio però che come assonanza di famiglia ricorda più Baggio e di
specie più Zorro. La partita rimane una pietra miliare tra i germogli di
una grande squadra e quelli di soia, una vittoria che profuma come il
pane cotto su pietra, una mano santa sulla classifica e una sulla
coscienza, una partita lievitata come una statua di Botero che tra
l’altro vive a Pietrasanta. E una mano lava l’altra e poi si sa che la
verdura va lavata bene, meglio se a chilometri zero come i gol e i punti
della Lazio mentre noi raccoglievamo i frutti dell’arto inferiore di
Jovetic e non quelli dell’orto che si sa “vole l’omo morto”. Squadra che
riempie gli occhi e tutte le zone del campo, come melanzone raccolte
fresche nel campo, mentre le velleità laziali si sedano solo con il
sedano. Adesso battuto Lotito con un battuto fatto con un trito dei tre
punti cardine del soffritto, che sono sedano, carota e cipolla, è
arrivata l’ora del pesto alla genovese dove alla base c’è il basilico,
ma ci sono anche tutta una serie di varianti regionali come quello alla
trapanese che non è una ricetta della Black & Decker ma un aggiunta
di mandorle e pomodori freschi dopo che i marinai genovesi fecero
conoscere il pesto ai siciliani. E proprio il Palermo è oggi il prodotto
più pesto a prescindere dal Matteo Messina Denaro investito sulla
squadra da Zamparini che forse sconta un cognome che è uno strano bland
tra lo zampone e il cotechino che fa molto Di Natale ma poco Sicilia.
Son cavoli neri per chi aveva puntato tutto su Tutunci, idee forse da
teste di rapa ma comunque sempre legittime, un laboratorio di idee
stravaganti dove si invita a mettersi a cecce chi capisce di mettersi a
legume, gente che non a caso ama le zucchine e che pende dalla bocca di
Franco Zuccalà, gente che vorrebbe Halloween come nuovo centravanti. E
poi Montolivo che a Barcellona ci sta proprio come il cavolo a merenda e
che rischia di mandarmi fuori tema prendendo quattro pere che sono
frutta e non verdura. Manca solo la centrifuga verso il terzo posto per
mantenere intatte tutte le speranze e le proprietà della verdura,
apprezzo, ma per non andare contro alla tradizione fiorentina a cui sono
legato e non legume, e cercando comunque di mantenere i principi sani di una certa
alimentazione oggi mi faccio un bel panino con il lampredorto.
martedì 12 marzo 2013
Animals
Ritorno
ad abbeverarmi a quella vittoria come certi animali costretti a fare
chilometri alla ricerca della solita acqua, e la mia dopo i chilometri
percorsi per arrivare nell’acquitrino ha ancora intatto tutto il sapore del
nubifragio capitolino, che non è proprio uguale a quello della rosetta
con dentro la porchetta, comunque quello dove sono naufragati i maiali
travestiti da aquile. Quella limpida di una vittoria limpida,
trasparente, una pioggia grossa come la caccia grossa al risultato,
robusta come una vittoria robusta, come se volesse scaricare
direttamente delle pozze invece di crearle, per farci diventare pazzi di
felicità. Fradici marci di felicità invece che di ridimensionamento.
Qualche bella fotografia sparsa sul tavolo della memoria di una partita
bestiale. Con Borja che sale sull’arca e salva il calcio dal diluvio
universale di Zamparini che intanto, disperato, richiama Sannino mentre
non gli è imasto che ingaggiare Bersani per farlo sedere sulla panchina
delle squadre avversarie. Uno stormo di ricordi, i miei, che viaggiano
insieme a compagni di passione, che migrano come i fagioli di contorno
dentro al piatto insieme ad una magnifica “fiorentina, sana e senza
infiammazione. Dove ci si ritrova intorno alla felicità del risultato
spolpandolo fino all’osso. Mentre l’antidellavallismo se ne via di
pedina come un fagiano tra la vigna, e se ne va via anche dai siti della
Fiorentina. Forse per la vergogna. Immagini di una serata che
potrebbero essere tratte da quelle bellissime del National Geographic,
con le quali abbiamo marcato il territorio che spetta solo alle grandi
squadre, orinando sulle ambizioni laziali, imponendoci alla
geografia del calcio non solo nazionale. Siamo suino nazionale ma anche
Jamon iberico Pata Negra che non è razzismo ma fair play tra il Serrano
e il Bellota. E così siamo saliti sul treno per l’Europa, una sorta di
treno per Yuma con in più solo qualche piuma, con l’agilità del puma che
a Roma procura tanta rabbia che poi fa schiuma, mentre i contestatori
sono detenuti in cattività e rinchiusi insieme ai loro cattivi pensieri
pieni di orpelli e striscioni di contestazione attaccati ai cancelli. E
nel ristagno di una Lazio frustrata e senza più ritegno si è vista
l’eleganza del cigno durante il possesso palla, il cinismo di chi
predatore colpisce senza lasciare speranze, una squadra questa volta con
i tratti della concretezza tipica di chi deve uccidere per
sopravvivenza, ma con il movimento vanitoso di chi fa la ruota per
compiacersi. Una partita bestiale con il Lider Maximo Borjia Valero che
per qualcuno è stato un’apparizione, come vedere la Madonna, mentre per
la Lazio, Madonna non è nemmeno quella di “Cercasi Susan disperatamente”
ma quella di cercasi il pallone disperatamente ad oltre trentasei ore
dall’evento. C’è chi costruisce i castelli in aria e chi come i castori
si accontenta delle dighe, poi c’è Jovetic e Ljajic che le dighe le
fanno saltare, e non come certi canguri stanchi, le fanno saltare come
birilli, mentre alla Menarini vorrebbero sapere come fa Bersani a
smacchiare i giaguari, se cioè usa la vivisezione o se lo fa solo per
uccidere la passione in ogni sezione. E poi c’è chi alle primarie Viola
aveva votato Tutunci, e come dice Elio “unci, dunci, trinci”, evidentemente dei veri Leonardo da Vinci. Un post animale questo, istintivo, che
puzza di selvaggina, quella di una vittoria di frodo, nella riserva
chiusa di un Lotito impietrito, inebetito, che usa l’Acqua Belva dopo
essersi rasato. Mentre si aprono spiragli e sguardi felini, per fortuna
non felsinei, spiragli lontani da certi ragli. Mentre Ranocchia non si
trasforma mai in un principe per affogare prima dentro a una finta di
Gilardino e poi dentro a una goccia di Acqua di Gio.
lunedì 11 marzo 2013
Undici leoni di cui molti senza criniera
Undici
leoni anche se molti senza più criniera dopo che Llama e Sissoko hanno
partecipato al banchetto della partita perfetta sbranando gli spazi e la
Lazio prima irretita e poi dominata dal capobranco Borja Valero. Una
Lazio alla quale è rimasto il fallo di frustrazione come addio alle
speranze, per cercare di scuotersi da quella Savana che la Fiorentina
gli aveva disegnato intorno. E poi le piogge torrenziali della coppia
Joevitic-Ljajic gli hanno definitivamente allagato le ambizioni, e con
Viviano che finalmente pesa sulla partita e non solo sulla bilancia,
cancellato il tentativo di divincolarsi dal morso di una
superiorità del branco Viola. Perché la Fiorentina di ieri sera ci è
sembrata una squadra sontuosa, capace di trasformare la giornata di
campionato in un doppio sorpasso, che poi coincide anche con il crollo
delle azioni di De Laurentis, uno di quei tre presidenti insieme a
Zamparini e Preziosi, che il doppio concentrato di competenza uscito da
certi cervelli del tifo Viola, strizzati come tubetti, ci suggeriva ad
esempio rinfacciando alla proprietà ridimensionamenti come sputare in
terra, prima di caricare le parrucche e i nasi da pagliaccio nel
bagagliaio della propria esperienza, un curriculum di figure di merda in
formato europeo, e prima di andare a contestare a Moena. Perché la
Fiorentina oggi, invece, a differenza da chi predicava la discesa in
campo di un Tutunci senza nemmeno la congiuntivite, è una delle squadre
che ha la proprietà più solida insieme a prospettive tra le più interessanti, alcune
delle quali già svelate con l’arrivo di Pepito Rossi. Mentre Montella sembra
indovinarle proprio tutte mostrando che la squadra è cresciuta, che ha
imparato dalle sconfitte e che oggi ha temperamento e atteggiamento da
grande squadra, rimangono trenta punti a disposizione per alimentare le
ambizioni e ruggire al futuro, sperando di non spenderli come i trenta
denari di Giuda tradendo le aspettative di questa ultima parte finale di
campionato. La Lazio e la Fiorentina sono sembrate squadre di due
livelli diversi, ed essendo quella romana una delle sorprese positive
della stagione, questo ci da la misura del grandissimo lavoro che è
stato svolto dalla Società e dallo staff tecnico, regalandoci un grande
gruppo ambizioso e motivato, che il Re Mida Diego tocca e trasforma in
oro tutte le volte che porta il suo lenzuolo di cachemire dentro al
ritiro Viola. Solo qualche annotazione per una squadra che dimostrando
di essere perfetta ci toglie lo schiribizzo di addentrarci in
suggestioni barocche della partita, con Migliaccio che si merita un più
sul registro, Cuadrado sempre di più il secchione della classe che fila
via su quella fascia andando avanti persino al programma, al quale manca
solo di fare bene la versione di latino per tradurre in gol la lingua
antica del calcio. E poi là davanti la strana coppia con lo
schiaffeggiato da Rossi a sua volta schiaffeggiato dal Cagliari, che
sembra essere definitivamente esploso dando ragione al grande lavoro che
evidentemente sta facendo su di lui Montella. E poi, e poi Borja Valero
e chi l’ha portato, e se Macia, da fargli subito se non proprio una
statua da mettere accanto a quella di Batistuta, almeno un intaglio
sulla corteccia del tronco del nostro albero maestro, grazie al quale
oggi veleggiamo verso il miglior gioco a livello europeo, diventando di
fatto la seconda squadra più amata e trasversale a tante tifoserie che
ormai ci seguono con simpatia. Perché oggi la Fiorentina è praticamente
diventata l’amante d’Europa, e poi dopo l’orgasmo di ieri lascio
l’analisi della partita alla scienza.
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